Roma, l'anziano Lucio in terapia intensiva: l'emozionante videochiamata col figlio
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La ratio dei criteri di valutazione clinica è stata messa nero su bianco in un documento congiunto della Federazione nazionale dei medici e della Società italiana di anestesia: "Rischiamo di tornare a marzo"
L'Italia come la Svizzera? Anche nel nostro Paese, in una situazione di grande emergenza come quella che stiamo attraversando, si scontrano necessità e scarsità di risorse. Così medici e anestesisti italiani - come quelli elvetici - prendono atto, in un documento congiunto, che di fronte a una situazione epidemiologica in rapido peggioramento potrebbe essere necessaria una scelta dolorosa: dare la precedenza in terapia intensiva "a chi potrà ottenere grazie ad essa un concreto, accettabile e duraturo beneficio". "Rischia di succedere di nuovo" quanto visto a marzo, si legge nel documento e scatta l'allarme.
I criteri di scelta - Detto in altri termini, se le persone bisognose di supporto respiratorio supereranno i posti disponibili, gli ospedali saranno costretti a privilegiare chi avrà più possibilità di farcela, non solo in base all'età del paziente. Ci sono anche altri fattori da considerare: "la gravità del quadro clinico, lo stato funzionale pregresso, l’impatto sulla persona dei potenziali effetti collaterali delle cure intensive, la conoscenza di espressioni di volontà precedenti", si legge nel documento sottoscritto dalla Federazione nazionale dei medici (Fnomceo) e dalla Società italiana di anestesia (Siaarti).
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Assistenza per tutti - Chi non è in condizioni di essere sottoposto al trattamento intensivo oppure ha poche possibilità di miglioraramenti clinici rispetto ad altri pazienti non verrà comunque abbandonato a se stesso, "dovendo il medico sempre provvedere a porre in atto le valutazioni e l’assistenza necessaria affinché l’eventuale progressione della patologia risulti il meno dolorosa possibile e soprattutto sia salvaguardata la dignità della persona", si precisa comunque nel protocollo.
Emergenza organizzativa - "Quello che vorrei fosse chiaro è che noi medici ci siamo fatti carico di problemi che sono in realtà legati a un contesto organizzativo - spiega il segretario della Fnomceo, Roberto Monaco - Non abbiamo paura, perché siamo abituati a lavorare in emergenza. Abbiamo paura di tutte quelle falle nell’organizzazione e nella programmazione che possono esplodere in una situazione di crisi. Dobbiamo fare di tutto perché non siamo costretti a queste scelte".