Questo farmaco potrebbe essere una nuova arma nella lotta contro il coronavirus, come racconta a Tgcom24 il dottor Paolo Ascierto, direttore dell'Immunoterapia Oncologica dell'ospedale "Pascale" di Napoli
Si chiama Tocilizumab e per molti oggi è il farmaco della speranza. Il suo utilizzo nel trattamento di pazienti affetti da Covid19 nasce da un'intuizione che collega Napoli alla Cina. Questo farmaco potrebbe essere una nuova arma nella lotta contro il coronavirus, come racconta a Tgcom24 il dottor Paolo Ascierto, direttore dell'Immunoterapia Oncologica dell'ospedale "Pascale" di Napoli.
Come si è arrivati all'idea di somministrare questo trattamento?
"Il farmaco viene impiegato nella cura dell’artride reumatoide e noi oncologi lo conosciamo perché lo utilizziamo per gli effetti collaterali dati di alcuni farmaci immunoterapici. Tocilizumab è un farmaco che agisce contro le cosiddette tempeste di citochine che si scatenano nel momento in cui c'è una reazione immunitaria importante, la stessa che avviene nel polmone in seguito all'infezione del Coronavirus. Da qui l'idea che potesse dare effetti positivi".
Quando avete avuto questa intuizione, come vi siete mossi?
Abbiamo immediatamente contattato i colleghi cinesi che ci hanno comunicato che loro avevano utilizzato questo trattamento su 21 pazienti miglioramenti importanti. Per questo si è subito creato un ponte tra Napoli e la Cina ed è iniziato il trattamento. Abbiamo trattato i primi sei pazienti da sabato ad oggi"
Con quali risultati finora?
"Dei pazienti trattati il primo giorno, il primo ha dato miglioramenti dopo 24 ore e dopo 48 ore i paramentri respiratori erano tali per cui il paziente poteva addirittura essere stubato, per precauzione ancora non è stato fatto, aspettiamo la tac di domani. Anche il secondo paziente ha avuto miglioramenti, seppur lievi. Sulle condizioni degli altri pazienti ancora dobbiamo aspettare"
I risultati positivi di tocilizumab devono ancora essere validati. Che interrogativi ci sono?
Questo è un trattamento per le emergenze ma quello che bisogna ancora capire è quanti sono i pazienti che rispondono, in che percentuale e in che modo, come si fa a verificare se un paziente risponde, quando è il momento migliore per trattare i pazienti con questo farmaco.
E' per questo che è necessario un protocollo scientifico?
Sì, per questo è importante procedere in questa direzione. L'istituto ha creato una task force insieme all'Ospedale Cotugno per creare un protocollo scientifico che verrà mandato all'Aifa (Agenzia Italiana del Farmaco) che dovrà valutarlo per poi estenderne l'impiego.
La situazione è di emergenza. Che tempi ci sono?
Anche se la procedura sarà veloce non possiamo prevederlo in tempi strettissimi, ma la cosa importante è che il farmaco sia già disponibile adesso. Questa non è una cura sperimentale, il farmaco esiste già. Quindi esistono due canali paralleli, quello dello studio e quello del trattamento".
Quanto conta in questo momento la collaborazione internazione e la comunicazione dei dati?
"La collaborazione internazionale è importante e funziona, ci hanno contattato anche gruppi americani e siamo in contatto costante con la Cina che ci ha aiutato con la sua esperienza. In Italia i canali di comunicazioni sono costantemente aperti con altre rianimazioni e ospedali. Hanno iniziato il trattamento a Brescia, Milano e Fano. Ora piu che mai è fondamentale sfruttare e condividere i dati.
di Micaela Nasca