Il tribunale dei ministri a Brescia ha accolto la richiesta perché "il fatto non sussiste"
Il tribunale dei ministri a Brescia ha archiviato le posizioni dell'ex premier Giuseppe Conte e dell'ex ministro della Salute, Roberto Speranza, indagati nell'inchiesta sul Covid della procura di Bergamo sulla gestione della prima fase della pandemia in Val Seriana. In particolare, i magistrati contestavano la mancata istituzione della zona rossa tra febbraio e marzo 2020 e la non attuazione del piano pandemico. Conte e Speranza erano accusati di omicidio ed epidemia colposi e rifiuti d'atti d'ufficio. I parenti delle vittime: "Uno schiaffo".
I giudici del tribunale dei ministri, tutti civilisti, hanno dunque accolto la richiesta di archiviazione perché "Il fatto non sussiste", sposando quindi la linea della Procura di Brescia, che aveva sollevato una serie di ragioni e di fatti che hanno smontato l'ipotesi accusatoria dei colleghi di Bergamo. La decisione del collegio è arrivata dopo l'udienza a porte chiuse, il 10 maggio, in cui la legale di Conte Caterina Malavenda e gli avvocati di Speranza, Giudo Calvi e Danilo Leva, avevano esposto le motivazioni contrarie alle imputazioni.
Totale mancanza di prove - Manca la prova che l'istituzione della zona rossa ad Alzano Lombardo e Nembro avrebbe potuto evitare oltre 4 mila morti nella Bergamasca ed era "irragionevole" che venisse attivata immediatamente per via dei diritti costituzionali da "valutare e contemperare". E poi il nesso di causalità tra decessi e l'assenza di una misura per isolare i due comuni è "una mera ipotesi teorica sfornita del ben che minimo riscontro" cosi' come è impensabile ritenere che, benché del 2006, il piano pandemico fosse adeguato per affrontare la situazione di emergenza che era "di assoluta novità" e che di giorno in giorno mutava presentando un quadro sempre più allarmante.
Sconfessati i pm di Bergamo e Crisanti - I pm di Bergamo si sono avvalsi di una maxi consulenza firmata da Andrea Crisanti, microbiologo e docente universitario, salito alla ribalta durante l'emergenza Coronavirus, e ora deputato del Pd. Al di là della giurisprudenza con cui è stato stabilito che "non e' configurabile il reato di epidemia colposa in forma omissiva in quanto la norma in questione abbraccia la sola condotta di chi per dolo o per colpa diffonde germi patogeni", il collegio ha ritenuto che "il fatto non sussiste". "Va innanzitutto detto - è scritto nell'ordinanza - che agli atti manca del tutto la prova che le 57 persone indicate nell'imputazione, che sarebbero decedute per la mancata estensione della zona rossa, rientrino tra le 4.148 morti in eccesso che non ci sarebbero state se fosse stata attivata".
Conte informato tardi della situazione in Lombardia - Innanzitutto, si legge nell'ordinanza, Conte non era stato informato: "Non risulta che il Presidente del Consiglio Conte, prima del 2 marzo 2020, fosse stato informato della situazione dei comuni di Nembro e Alzano Lombardo" ed è una "ipotesi irragionevole" sostenere che "avrebbe dovuto decidere, circa l'istituzione della zona rossa" il giorno stesso in quanto era necessario "valutare e contemperare i diritti costituzionali coinvolti" come quelli al lavoro, di circolazione, di culto e allo studio, oltre che i problemi di natura economica e occupazionale.
Speranza non poteva intervenire, spettava alla Regione - Riguardo all'allora ministro della Salute Speranza i giudici hanno sottolineato che non solo gli era "preclusa qualsiasi ingerenza" nell’attività degli organi burocratici ai quali spettava la funzione di amministrazione attiva, ma "lungi dal rimanere inerte, ha adottato le misure sanitarie propostegli dagli esperti di cui si è avvalso, che peraltro, a livello europeo, sono state tra le più' restrittive". Insomma le presunte "omissioni e i ritardi" contestati dai pm di Bergamo non esistono e semmai "riguardano attivita' amministrative, distinte dalle funzioni ministeriali di indirizzo politico".
Adesso tocca a Fontana e Gallera - Ora al Tribunale dei Ministri toccherà' valutare le posizioni degli altri indagati in concorso con Conte e Speranza, tra cui il presidente della Lombardia Attilio Fontana e l'ex assessore Giulio Gallera. Il primo "attende fiducioso la definizione della sua posizione processuale" e il secondo depositerà una memoria per chiedere di essere archiviato.
Delusione e rabbia tra i familiari delle vittime del Covin dell'Associazione "Sereniesempreuniti" che parlano di "uno schiaffo in faccia a noi e all'Italia intera che si merita un sistema politico e di giustizia più trasparente. Siamo intransigenti con quanto fatto dalla Procura di Brescia e dal Tribunale dei ministri: l'archiviazione è un vilipendio alla memoria dei nostri familiari, un bavaglio, l'ennesimo in un'Italia corrosa dall'omertà contro cui ci siamo sempre battuti e continueremo a farlo nelle sedi che ci restano, come quella civile".