"abuso d'ufficio"

Covid, chiesto 1 anno e 4 mesi per Domenico Arcuri per le mascherine dalla Cina

Nei confronti dell'ex commissario straordinario per l'emergenza Covid, i pm capitolini, in una prima fase, contestavano anche la corruzione e il peculato: accuse archiviate

15 Apr 2024 - 17:35
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La Procura di Roma ha chiesto una condanna ad 1 anno e 4 mesi nell'ambito di un processo, svolto con il rito abbreviato, per l'ex commissario straordinario per l'emergenza Covid, Domenico Arcuri, nell'indagine su una fornitura di mascherine dalla Cina commissionata nella prima fase dell'emergenza Covid. L'accusa è di abuso d'ufficio. I pm hanno, inoltre, chiesto una decina di rinvii a giudizio per gli imputati che hanno scelto di essere giudicati con il rito ordinario. Nei confronti di Arcuri, i pm capitolini, in una prima fase, contestavano anche la corruzione e il peculato: accuse poi archiviate.

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L'impianto accusatorio è legato all'acquisto di 800 milioni di dispositivi di protezione individuale che sarebbero stati irregolari e pericolosi per la salute. Un "affare" da 1,25 miliardi di euro. Tra i soggetti coinvolti anche l'imprenditore, poi deceduto, Mario Benotti, a cui era contestato il traffico di influenze illecite, e Antonio Fabbrocini, responsabile unico del procedimento per la struttura commissariale accusato di frode nelle pubbliche forniture, falso e abuso d'ufficio. Nei confronti di Arcuri, i pm capitolini, in una prima fase, contestavano anche la corruzione e il peculato: accuse poi archiviate.

In aula i difensori di Arcuri hanno chiesto l'assoluzione perché il fatto non sussiste. "Il manager - spiega lo studio Volo - non ha mai inteso difendersi dal processo, ma nel processo. Nel frattempo, il Senato ha approvato in prima lettura il disegno di legge che abroga il reato di abuso d'ufficio, il cui testo è ora in discussione alla Camera. Non abbiamo mai auspicato l'intervento di una legge "salvifica" e ci batteremo per ottenere l'affermazione della piena e totale innocenza di Arcuri".

I dispositivi erano stati sequestrati dalla Guardia di Finanza nell'ottobre scorso. Nel provvedimento i magistrati scrivevano che "l'esame fisico/chimico delle mascherine e dei dispositivi, compiuto tanto dall'Agenzia dogane di Roma" che da "consulenti nominati" dai pm ha dimostrato che "gran parte non soddisfano i requisiti di efficacia protettiva richiesti dalle norme Uni En" e "addirittura alcune forniture sono state giudicate pericolose per la salute". I dispositivi, sia mascherine chirurgiche che Ffp2 e Ffp3 o Kn95, non hanno passato gli esami all'"aerosol di paraffina" ed "aerosol al cloruro di sodio".

Nei confronti di Arcuri i magistrati di piazzale Clodio contestano di avere nella "qualità di pubblico ufficiale - è detto nel capo di imputazione - e in concorso con Fabbrocini e in unione e concorso per mutuo accordo con l'imprenditore Vincenzo Tommasi" costituito "intenzionalmente, in capo al
Tommasi, con ciò abusando del loro ufficio, un'illecita posizione di vantaggio patrimoniale". Un modus operandi che garantiva all'imprenditore "la facoltà di avere rapporto commerciale con la Pa senza assumere alcuna responsabilità sul risultato della propria azione e sulla validità delle forniture che procurava; la quasi totale esclusiva nella intermediazione di fatto delle forniture di mascherine chirurgiche e dpi importati dalla Cina".

Alcuni imputati, secondo l'impianto accusatorio, in "concorso tra loro" avrebbero sfruttato relazioni personali e occulte con Arcuri ottenendo che quest'ultimo assicurasse ai partner dell'imprenditore Benotti un'esclusiva in via di fatto nell'intermediazione delle forniture di maschere chirurgiche e dispositivi di protezione individuali".

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