Dentro i laboratori di Reithera: a giugno le prime dosi del vaccino italiano
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E' il primo caso di positività documentato in un essere umano. Lo studio è stato condotto da un gruppo di patologi dell'Università Statale, in collaborazione con lo Ieo e il Centro diagnostico italiano
E' stato trovato il paziente zero italiano: si tratta di una 25enne milanese, cui era stata fatta una biopsia della pelle per una dermatosi atipica il 10 novembre 2019; prima del bambino in cui era stata documentata la presenza del coronavirus a dicembre 2019. La ricerca, che è nata studiando quei casi di infezione in cui c'è un sintomo cutaneo, è stata condotta da ricercatori dell'Università Statale di Milano, guidati da Raffaele Gianotti.
Il gruppo di patologi ha collaborato con lo Ieo e con il Centro diagnostico italiano mentre la ricerca è stata pubblicata sul British Journal of dermatology, la rivista più rinomata in campo dermatologico. Sulla base dei dati presenti in letteratura mondiale questo è il più antico riscontro della presenza del virus SARS-CoV-2 in un essere umano.
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Come spiega Raffaele Gianotti, dermatopatologo dell’Università di Milano e della Fondazione Cà Granda Ospedale Maggiore Policlinico di Milano, lo studio è nato analizzando quei casi di Covid in cui sono presenti patologie cutanee (circa il 5-10% dei pazienti affetti da infezione). Il gruppo di patologi ha riesaminato le biopsie cutanee di dermatosi atipiche osservate in autunno 2019 con risultati sorprendenti, prosegue Gianotti: ”Dopo aver studiato le manifestazioni cutanee in pazienti affetti da Covid-19 dell’area milanese, ho riesaminato al microscopio le biopsie di malattie cutanee atipiche eseguite alla fine del 2019 in cui non era stato possibile effettuare una diagnosi ben precisa. Abbiamo cercato nel passato perché nei nostri lavori già pubblicati su riviste internazionali, abbiamo dimostrato che esistono, in questa pandemia, casi in cui l’unico segno di infezione da Covid-19 è quello di una patologia cutanea. Mi sono domandato se avessimo potuto trovare indizi della presenza della SARS-CoV-2 nella cute di pazienti con solo malattie della pelle prima dell’inizio della fase epidemica ufficialmente riconosciuta".
La biopsia di una giovane donna, risalente a novembre 2019, ha mostrato la presenza di sequenze geniche dell’RNA del virus SARS-CoV-2, identificato tramite due tecniche differenti su tessuto cutaneo: immunoistochimica ed Rna-Fish. Metaforicamente i ricercatori hanno trovato “le impronte digitali” del Covid-19 nel tessuto cutaneo. Giovanni Fellegara, responsabile del Laboratorio di Anatomia Patologica del Centro Diagnostico Italiano, commenta: “Nel caso della 25enne è stato possibile dimostrare mediante indagini immunoistochimiche effettuate presso il nostro laboratorio la presenza di antigeni virali nelle ghiandole sudoripare". Tale dato è stato poi confermato dal riscontro nelle stesse strutture di sequenze geniche dell’Rna virale identificato con la tecnica Rna-Fish effettuata presso l’Istituto Europeo di Oncologia.
"Abbiamo dimostrato la presenza di sequenze virali SARS-CoV-2, anche quantitativamente scarse, sul preparato istologico del 2019 ed anche in sei pazienti del 2020 affetti solo da dermatosi ma senza sintomi sistemici da infezione Covid-19" aggiunge Massimo Barberis, direttore dell’Unità Clinica di Diagnostica Istopatologica e Molecolare dell’Istituto Europeo di Oncologia.
Contattata a posteriori, la paziente zero, che presentava come unico sintomo la dermatosi, ha riferito assenza di sintomi sistemici da infezione da Covid-19, la scomparsa delle lesioni cutanee dopo cinque mesi e la positività degli anticorpi anti SARS-CoV-2 nel sangue periferico a giugno 2020.