Otto persone sono finite in carcere e altre 4 ai domiciliari nella maxitruffa scoperta dalla Guardia di finanza, da 440 milioni di euro. Un indagato: "Non so più dove aprire conti correnti nel mondo"
Si appropriavano dei soldi stanziati dallo Stato per aiutare le imprese e i commercianti in difficoltà per la pandemia in modo illecito. La maxifrode da 440 milioni di euro, messa in atto da professionisti, imprenditori e commercialisti che non avevano diritto a quei soldi, è stata scoperta dalla guardia di finanza. Dalle intercettazioni, risulta che alcuni degli indagati dicevano che "l'inizio del coronavirus ha portato bene".
"Non so più dove aprire un conto" - E ancora: "Non so più dove andare ad aprire i conti correnti in giro per il mondo". Con l'impiego di cani cashdog, le Fiamme gialle hanno rinvenuto durante una perquisizione trolley pieni di banconote: l’organizzazione era riuscita, tramite società napoletane, a monetizzare i crediti derivanti dai bonus.
Complessivamente sono 78 le persone indagate e 35 le misure cautelari emesse dal gip, mentre è di 440 milioni l'importo complessivo dei fondi illecitamente percepiti.
Otto persone sono finite in carcere e altre 4 ai domiciliari mentre nei confronti di 20 imprenditori è stata disposta l'interdizione all'esercizio di impresa e per 3 commercialisti l'interdizione all'esercizio della professione.
Associazione con base a Rimini e ramificazioni in tutta Italia Secondo quanto emerso dalle indagini della Gdf, facevano parte di un'associazione con base a Rimini ma con ramificazioni in tutta Italia responsabile di aver creato e commercializzato per un importo di 440 milioni i falsi crediti di imposta, lo strumento introdotto tra le misure previste dal governo con il decreto Rilancio del 2020 per aiutare le imprese e i commercianti in difficoltà.
L'esecuzione delle misure è scattata oltre che in Emilia Romagna anche in Abruzzo, Basilicata, Campania, Lazio, Lombardia, Marche, Puglia, Sicilia, Toscana, Trentino e Veneto. I finanzieri di Rimini assieme agli altri reparti territoriali, allo Scico e al Nucleo speciale frodi tecnologiche hanno eseguito anche un'ottantina di perquisizioni e sequestrato i falsi crediti d'imposta, beni e società per il reato di indebita percezione di erogazione ai danni dello Stato. Tra gli indagati, 9 avevano presentato domanda di reddito di cittadinanza mentre altri tre avevano precedenti per associazione di stampo mafioso.