Crisi, 5 milioni di italiani troppo poveri per curarsi: boom degli ambulatori sociali
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Nati per assistere gli stranieri senza documenti, oggi le strutture benefiche accolgono sempre più connazionali che non riescono a pagare medici e farmaci
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Nando ha 57 anni e ha lavorato come autotrasportatore fino al 2007, quando i problemi cardiaci gli hanno fatto perdere prima il posto, poi i risparmi messi da parte in una vita, infine, l'appartamento in affitto. Ha ricevuto il trapianto di cuore e in un attimo si è trovato senza una dimora e nell'impossibilità di pagare le costose medicine da prendere dopo l'intervento. Oggi vive presso la Casa di solidarietà dei Fratelli San Francesco di Milano, una Fondazione che offre un punto d'accoglienza, una mensa e un poliambulatorio a quanti sono in difficoltà.
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“La struttura è nata dieci anni fa per persone in attesa di permesso soggiorno - racconta a Tgcom24 la responsabile Silvia Furiosi - ma la situazione è precipitata nel 2008 e adesso si rivolgono a noi moltissimi connazionali toccati dalla crisi o da situazioni familiari difficili. Nel 2003 l'ambulatorio effettuava una ventina di visite al giorno, oggi 150. L'utenza non è più composta soltanto da stranieri che si vergognano ad andare in ospedale o che hanno paura di essere arrestati perché clandestini, ma anche tanti nuovi poveri: pensionati che non riescono a vivere con un assegno mensile di 600 euro e a sostenere i costi dei ripetuti ticket sanitari, esodati, padri single, cinquantenni che hanno perso il lavoro e non riescono a collocarsi, clochard, persone con problemi psicologici, giovani che sono arrivati in Lombardia per cercare impiego e che non ce l'hanno fatta”.
Per gli italiani la situazione è, per quanto possibile, più drammatica. “Chi aveva un certo benessere o un tenore di vita dignitoso non si abitua alla caduta improvvisa - aggiunge la dottoressa Furiosi, - per queste persone il riscatto è più difficile. Chi viene da noi è all'ultimo stadio della disperazione. Paradossalmente lo straniero è più facile da gestire, l'italiano invece, cade in depressione e va supportato da un punto di vista anche psicologico. Quelli che si rivolgono a noi, soffrono per lo più di patologie oculistiche, dentarie, cardiologiche e legate al diabete”.
I 130 medici e i volontari che lavorano a titolo gratuito presso i Fratelli San Francesco non rispettano soltanto il giuramento d'Ippocrate, ma provano ad aggiungere una dose extra di carità e decoro all'esercizio delle loro competenze. Effettuano visite di medicina generale (circa il 35 per cento del totale di prestazioni), ma anche di una trentina di specialità, dalla cardiologia, alla ginecologia, dalla psichiatria alla dermatologia, senza dimenticare l'oculistica e l'odontoiatrica che da sola risponde a quasi il 28 per cento delle richieste.
“Molti dei nostri medici sono ex primari - prosegue Furiosi - quindi abbiamo tanti rapporti con ospedali a volte in convenzione. Ma al di là della loro indubbia preparazione professionale, hanno una visione olistica del malato e cercano innanzitutto di capirli (parlano tutti almeno due lingue straniere) e di ascoltarli. Di solito devono individuare al volo il problema: la prima visita potrebbe restare anche l'unica. Molti comunque ritornano proprio perché trovano qui la giusta accoglienza.”
I costi chi li copre? “Per lo più donazioni private, singoli cittadini o fondazioni, banche, enti - conclude Furiosi. - E poi chiediamo agli utenti di tesserarsi la prima volta che arrivano da noi versando un contributo simbolico di cinque euro. Con questa sottoscrizione si può accedere a tutte le specialità e ricevere tutte le visite e le medicine delle quali si ha bisogno: serve soprattutto per responsabilizzare gli utenti a presentarsi alle visite fissate. Ma quando riceviamo qualcuno che non ha nulla, allora non facciamo pagare nemmeno la quota d'ingresso. Per le cure dentistiche e implantologiche chiediamo di coprire i costi dei materiali, salvo sempre i casi disperati. Se una prostituta viene picchiata e perde un incisivo glielo ricostruiamo senza chiederle nulla".
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Un fenomeno che tocca sempre più italiani - Si risparmia su tutto, sul carrello della spesa, sulle vacanze e perfino sulla salute. Nella stessa condizione di Nando ci sono sempre più italiani: cittadini che in mancanza di un reddito o con entrate troppo basse per pagare i ticket e gli specialisti, si rivolgono agli ambulatori sociali. Il nostro Paese è insomma, toccato da un fenomeno, quello della povertà sanitaria, che comunemente colleghiamo alle nazioni sottosviluppate e non a una repubblica che ha scritto nella propria Costituzione, all'articolo 32, il riconoscimento universale del diritto alla salute.
La Fondazione Banco farmaceutico Onlus ha pubblicato un report che racconta come quattro milioni e 800mila poveri italianirinuncino quotidianamente a esercitare il proprio diritto alla salute. Quasi il 7 per cento della popolazione non si cura oppure si rivolge agli ambulatori che distribuiscono prestazioni mediche gratuite e farmaci che arrivano da donazioni. Sono 1500 gli enti caritativi che collaborano con il Banco farmaceutico offrono aiuto concreto a 680mila persone all'anno.
È il presidente della Fondazione Banco farmaceutico Onlus, Paolo Gradnik, a commentare le tristi cifre del 1° Rapporto povertà sanitaria e donazione farmaci: "Oggi - spiega a Tgcom24 - tanti non riescono ad accedere a una cura necessaria a causa della propria condizione economica. Noi del Banco farmaceutico ci interessiamo in particolare delle cure farmacologiche, ma queste rappresentano solo una parte del fenomeno. Anche in un paese come l'Italia che ha un sistema sanitario universale che dovrebbe coprire tutti, in realtà secondo i dati Istat a carico dello Stato è solo il 61 per cento della spesa sanitaria globale degli italiani. Tutti ricorderanno l'episodio di una giovane siciliana morta per un ascesso non curato per problemi economici. Si tratta di patologie non gravi all'inizio ma che possono risultare letali”.
Resta quindi fuori dalla copertura pubblica il 39 per cento della spesa sanitaria complessiva. Su chi ricade e come viene distribuita questa parte? Prosegue Gradnik: “È la famiglia a far fronte a questa parte contribuendo in media per 92,45 euro al mese. Ma i nuclei familiari poveri che secondo l'Istat sono un milione e 700mila, per un totale di quasi cinque milioni di individui, spendono molto meno: 16,34 euro al mese di cui 15 sono solo per i farmaci”.
Numeri che sorprendono ma che aiutano a capire come mai oggi ci siano sempre più pazienti italiani in coda negli ambulatori sociali."Il rapporto tra italiani ed extracomunitari sta cambiando - prosegue Gradnik. - Bisogna sfatare l'idea che i poveri siano soltanto i barboni o gli immigrati ex clandestini o clandestini. Oggi la povertà colpisce anche le coppie separate che si trovano a pagare gli affitti magari senza lavoro. Dei 680mila pazienti curati gratuitamente dai 1500 enti territoriali convenzionati con il Banco su un totale di 5 milioni di poveri sanitari, il 57 per cento è rappresentato da italiani e uno su tre è un minore".
Perché il Sistema Sanitario Nazionale non riesce a rispondere alle richieste di questi malati? “La scelta di includere la salute tra i diritti costituzionali; l'invecchiamento della popolazione, l'efficacia delle cure che fanno vivere più a lungo ma sono anche più costose: queste tre componenti fanno lievitare la spesa sanitaria. Siamo più numerosi di un tempo, più costosi e viviamo più a lungo. In un momento in cui le casse pubbliche tirano la cinghia, è già un traguardo lasciare invariata la spesa destinata alla sanità rispetto al Pil. Ma il Pil non cresce di pari passo rispetto al bisogno sanitario per cui anche se lo Stato riesce a mantenere l'investimento invariato rispetto a prima, la spesa non è comunque sufficiente rispetto alla richiesta. Bisognerebbe riformulare la promessa scritta nella Costituzione alla salute: non può essere un compito solo dello Stato. Ognuno per la sua parte si deve far carico di alcuni temi: Ssn, industria farmaceutica, cittadini”.
Leggi il testo integrale del "1°rapporto Donazione Farmaci e Povertà sanitaria".
L'indagine è stata realizzata dall'"Osservatorio Donazione Farmaci - ODF" con l'obiettivo di misurare lo stato in Italia della povertàsanitaria, e in particolare farmaceutica, utilizzando come punto di vista privilegiato lo sguardo degli oltre 1500 enti assistenziali convenzionati con Banco Farmaceutico. Il gruppo di studio, composto da sociologi e statistici dell'Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano e farmacologi dell'Università degli Studi di Milano, ha inoltre il compito di monitorare e analizzare il circuito della donazione dei farmaci, che vede coinvolti, volontari, farmacisti, aziende farmaceutiche, aziende di logistica ed enti assistenziali.
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L'ambulatorio su ruote - Problemi economici ma non solo. Per chi vive in strada esercitare il diritto alla salute risulta quasi impossibile. L'organizzazione Medici per i Diritti Umani (Medu) ha deciso di usare un camper per incontrare i senza fissa dimora di Roma e Firenze portando loro l'assistenza essenziale.
Il dottor Alberto Barbieri, coordinatore generale di Medu, ripercorre la storia e le attività del camper dei diritti: “Dal 2004 fa' da ponte tra le persone escluse dall'accesso alle cure e i servizi sanitari. Dopo il primo intervento, cerchiamo di inviare alle strutture pubbliche: identifichiamo le situazioni di vulnerabilità, avviciniamo i senza fissa dimora e proviamo a verificare come stanno. Li troviamo nelle grandi stazioni, ma anche in insediamenti nuovi. Facciamo una visita generale e di solito la nostra proposta di cura è accolta bene da chi vive in forte marginalità. Ascoltiamo il bisogni fisico ma anche quello psichico e interiore”.
Chi sono i pazienti del camper Medu? Come racconta il dottor Barbieri appartengono a due categorie: “Ci sono gli stranieri, in particolare i rifugiati arrivati da poco in Italia, spesso sotto i 30 anni. Soffrono di malattie contratte durante il viaggio o vivendo in condizioni di marginalità. Hanno problemi respiratori, infezioni cutanee, malattie legate alla scarsa igiene, ma pure disagio psichico, senso di persecuzione, episodi di violenza. Ma ci sono anche gli italiani senza dimora: hanno un'età media più alta, prevalenza di malattie croniche, dipendenza da alcol. Per i connazionali la strada è il punto di arrivo di tanti eventi di discesa e di rottura esistenziale. Ci prendiamo cura di loro grazie ai medici e ai volontari che li incontrano, li visitano e distribuiscono le medicine più importanti".