la ricostruzione

Dal ruolo del "mediatore" all'intervento in borghese: tutti i dubbi sull'omicidio del carabiniere Rega chiariti dall'Arma

Perché tanta solerzia nel recuperare uno zaino? Come mai i militari non sono intervenuti in difesa? Che faceva Varriale durante l'accoltellamento del collega? Tutte domande chiarite in una conferenza stampa su quella notte

30 Lug 2019 - 14:16
 © ansa-centimetri

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Sulla morte del vicebrigadiere Mario Cerciello Rega, ucciso da 11 coltellate, sono ancora tante le zone d'ombra che non tornano nella ricostruzione della notte del 25 luglio, solo in parte chiarite dall'Arma. Lo dice anche il procuratore reggente di Roma, Michele Prestipino: "Ci sono ancora diversi aspetti su cui dobbiamo lavorare e fare approfondiment. Dire a distanza che non ci siano ancora aspetti oscuri sarebbe quantomeno precipitoso".

Perché il carabiniere Varriale non ha difeso il suo collega? Dal verbale di Varriale si capisce che i due carabinieri non si aspettavano una reazione così violenta e rapida. La rissa si è consumata in pochi secondi. Varriale ha raccontato che l’aggressione è cominciata appena lui e Cerciello Rega si sono qualificati. Varriale ha detto di essere stato attaccato da Gabriel Christian Natale Hjorth ed è riuscito ad avvicinarsi a Cerciello Rega soltanto quando era ormai troppo tardi: Elder Lee gli aveva inferto 11 coltellate a Rega di cui 8 fino alla fine della lama, ferendolo mortalmente.
 
La risposta dell'Arma: "Mario Cerciello Rega e Andrea Varriale sono stati aggrediti immediatamente dai due 2 americani: "non c'è stata la possibilità di usare armi, di reagire". Cosi' il comandante dei carabinieri di Roma Francesco Gargaro nella conferenza stampa. "Nel momento in cui si sono qualificati sono stati immediatamente aggrediti, pochi attimi in cui Varriale è stato sopraffatto e buttato a terra" ha aggiunto Gargaro che poi ha sottolineato che "non poteva sparare ad un soggetto in fuga altrimenti sarebbe stato indagato per un reato grave".


Il ruolo dell'intermediario Sergio Brugiatelli. E' proprio lui il personaggio intorno al quale si concentrano molti misteri. Perché un 47 enne con vecchi precedenti per rissa e rapina, che a Piazza Mastai accompagna i due americani dallo spacciatore, poco dopo la vendita-truffa di cocaina si rivolge ai carabinieri per denunciare (come dimostrano le telefonate al 112) il furto del suo zaino? È la circostanza che ha fatto ritenere a molti che Brugiatelli fosse in realtà un confidente dei carabinieri, o quantomeno una loro conoscenza.

La risposta dell'Arma: "Brugiatelli non era noto alle forze dell'ordine -  ha spiegato il comandante  Francesco Gargaro  -  Aveva dei precedenti per rissa e rapina di una decina di anni fa".

Perché i carabinieri sono intervenuti in borghese? Anche il fatto che i due carabinieri si siano attivati in borghese dopo una chiamata di Brugiatelli ha fatto supporre che quest’ultimo fosse un informatore delle forze dell’ordine. In realtà Varriale e Cerciello Rega si sono presentati all'appuntamento al posto di Brugiatelli convinti di dover affrontare un classico “cavallo di ritorno” e si sono comportati come da manuale indossando abiti civili per non dare nell'occhio. Intervenire presentandosi in abiti civili all'incontro con presunti estorsori non è inusuale ed è doveroso. Casi del genere a Roma se ne registrano molti, ogni settimana.

La risposta dell'Arma: "Ogni giorno a Roma si effettuano interventi in borghese - dice Gargaro -  La ricostruzione attenta e scrupolosa ha dimostrato la correttezza e regolarità di questo intervento, analogo e ricorrente in città". 

Cosa ci fanno Cerciello e Varriale con Brugiatelli, 45 minuti prima della telefonata al 112? Stando a quanto riferiscono fonti investigative dell' Arma, i quattro carabinieri (tra cui il maresciallo Pasquale Sansone) che si accorgono del capannello in Piazza Mastai tra lo spacciatore Italo Pompei, Brugiatelli e l' americano Gabriel Natale, si trovano da quelle parti per caso. Hanno appena mangiato una pizza insieme. Pur essendo fuori servizio, intervengono per bloccare Pompei perché ritengono di essere di fronte a un reato in flagranza. In realtà, non trovano cocaina ma solo tachipirina tritata. A quel punto Sansone chiama Varriale, che sa essere di turno in zona e in borghese, per fare le identificazioni formali delle persone presenti.

La risposta dell'Arma: "Vorrei esprimere disappunto e dispiacere  - precisa Gargaro -  per le ombre e i presunti misteri che sono stati sollevati e diffusi in merito a questa vicenda", che poi ha spiegato che "in zona c'erano 4 pattuglie, che non dovevano essere visibili per non pregiudicare l'operazione e che sono intervenute pochi minuti dopo l'allarme"..

La modalità del loro ingaggio appare essere più un frutto del caso e delle procedure. Alle 2 Brugiatelli chiama il Numero Unico di emergenza, per denunciare non più solo il furto, ma il tentativo di estorsione: la centralinista passa la sua telefonata alla Centrale operativa dei Carabinieri di Roma, che il 25 luglio era competente per l' area di Trastevere. In altri giorni, la telefonata sarebbe stata smistata alla Polizia. In prima battuta, inoltre, la Centrale manda in Piazza Mastai una pattuglia in divisa della Caserma di Monteverde. Solo quando capiscono che si tratta di un estorsione del tipo "cavallo di ritorno", la Centrale invia Cerciello Rega e Varriale, che sono in borghese e in zona, quindi possono andare all' appuntamento senza destare sospetto.


Infine, a dissipare i dubbi sulla fake news dei maghrebini ci pensa direttamente Gargaro. "L'indicazione del fatto che fossero stati due maghrebini è stata data da Brugiatelli" (e cioè la persona che era stata derubata della zaino, ndr). "Ha parlato di due persone di carnagione scura, presumibilmente maghrebini - sottolinea -. Lo ha detto perchè - spiega Gargaro - aveva il timore di dire che conosceva gli autori dell'omicidio. Non voleva essere associato al fatto. Solo dalle immagini si è scoperto l'antefatto".

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