In dieci persone l'hanno vista ma nessuno ha chiamato la polizia o i soccorsi. Quattro erano donne di cui due italiane. Ora rischiano l'accusa di omissione di soccorso o concorso in omicidio
Nuovi inquietanti particolari emergono dall'inchiesta che indaga sullo stupro e la morte, causata da un mix di metadone e psicofarmaci, di Desirée Mariottini. Almeno dieci persone, secondo gli inquirenti, videro la 16enne all'interno dello stabile privato abbandonato a San Lorenzo, Roma. E non fecero nulla. Tra queste persone anche quattro donne, di cui due italiane. C'è chi la vide esanime su un materasso, toccò il polso ma ormai era troppo tardi.
Secondo quanto scritto dal Corriere della Sera, in un estratto del verbale depositato in questura sono emerse varie testimonianze di persone che frequentano lo stabile, luogo di spaccio e degrado, e che hanno incontrato e sono state con Desirée. Ora queste persone rischiano di essere accusate di omissione di soccorso o concorso in omicidio.
Muriel: "Non aveva soldi e cercava qualunque sostanza" - Tra queste donne, c'è Muriel, una 34enne congolose, che racconta: "Si presentò come Desy ed era alla ricerca di qualunque sostanza che potesse attenuare la sua astinenza". "Mi disse che sarebbe diventata maggiorenne la settimana dopo. Una volta mi chiese di iniettarle eroina ma io le risposi in maniera negativa. Era senza soldi e si approcciava in maniera troppo confidenziale con qualunque persona che avrebbe potuto offrirle droga", rammenta. "L'ho rivista una seconda volta in compagnia di una ragazza di colore che si fa chiamare Antonella. Entrambe assumevano crack con una pipetta artigianale. Le ho redarguite entrambe ma loro hanno continuato a farsi senza curarsene".
"L'ho rivestita, ma non credevo fosse in pericolo di vita" - Giovedì, il giorno della tragedia, la 34enne è entrata all'interno di un container per comprare cocaina da un tunisino, di circa 40 anni, che l'aveva invitata a seguirlo all'interno di un container: lì c'era la giovane sdraiata e priva di conoscenza. "Erano le 19.50, ho visto la ragazzina nuda su un materasso. L'ho rivestita - afferma -, ma non ho trovato le scarpe. Seppure con affanno respirava. Non mi sono resa conto che fosse in pericolo di vita, avendo visto fatte altre persone che poi si riprendono. Alle 3 di notte Youssef (Yusif Saila, il gambiano fermato a Foggia, ndr) mi disse che era morta". Muriel chiama i soccorsi da una cabina telefonica.
Giovanna: "Le ho sentito il polso ma era troppo tardi" - Tra le testimonianze raccolte dagli investigatori c'è anche quella di Giovanna, 32 anni, italiana. "Mi disse che avrebbe compiuto presto 18 anni. Mi sembrava una presenza inopportuna, oltre a essere fuori contesto perché era minorenne, era sempre depressa e alla continua ricerca di una dose", dice la 32enne. "Più volte l'ho invitata ad andarse via da quello stabile frequentato da tossici e spacciatori pericolosi". "Quel posto era pericoloso per una 'non africana' o 'bianca'", spiega. Verso l'1.30 di venerdì Giovanna incrocia Muriel, smentendo di fatto il racconto della congolese che dice di aver visto Desirée solo alle 19.50 e poi di aver avuto la notizia della morte alle 3. "Inveiva contro Desirée, poi mi ha salutata come se nulla fosse". Giovanna arriva dentro la struttura e vede la giovane Desirée esanime su un materasso: "Ho verificato il battito, prima sul petto, poi sul collo e il polso. Mi sembrò subito evidente che che ormai fosse troppo tardi".
La denuncia inascoltata - Come scrive il Messaggero, dai verbali emerge anche che il giorno dopo la morte della 16enne di Cisterna di Latina un nordafricano si era presentato in commissariato per raccontare quello che aveva visto ma non gli hanno creduto: "Mi ha detto che lo avevano mandato via dicendo che era in stato di ebbrezza", ha dichiarato un altro testimone.