Lorenzo Piemonti, direttore dell’Istituto di Ricerca sul diabete dell’Ospedale San Raffaele di Milano, replica alle parole del gestore dell'Old Fashion di Milano, Roberto Cominardi. Tgcom24 lo ha sentito
di Giorgia Argiolas“Lo zucchero fa parte dell’armamentario terapeutico con cui una persona che soffre di diabete di tipo 1 gestisce la malattia. Parlare di rimedi della nonna è una stupidaggine”. Questo il commento del professor Lorenzo Piemonti, direttore dell’Istituto di Ricerca sul Diabete - DRI dell’Irccs Ospedale San Raffaele di Milano, in merito alla polemica scoppiata tra M.F., una 25enne diabetica di tipo 1, e il gestore della discoteca Old Fashion, Roberto Cominardi, in seguito alla scelta di un buttafuori del locale di non far entrare la ragazza perché portava con sé - nella borsetta - i suoi salvavita: tre bustine di zucchero e un succo di frutta. Il motivo? Nella discoteca non si possono portare cibi e bevande. Piemonti è rimasto colpito dall’episodio e ha scritto un post sul suo profilo Facebook per replicare alle parole di Cominardi, che aveva definito lo zucchero e il succo “rimedi della nonna”. Tgcom24 ha deciso di sentire direttamente il parere del professore.
Professor Piemonti, nel suo post ha parlato di ignoranza in riferimento alle parole pronunciate da Cominardi…
Premetto che considero l’ignoranza non necessariamente un limite o, comunque, qualcosa di negativo. Al contrario, ritengo che solo prendendo consapevolezza delle proprie lacune si possa migliorare e acquisire maggiori informazioni ed esperienze. Io stesso mi ritengo profondamente ignorante in moltissime cose, per fortuna, perché sarebbe problematico il contrario. Nel post ho ironizzato sul cosiddetto effetto Dunning-Kruger, un concetto studiato dal punto di vista della medicina cognitiva. Il fatto che meno uno sa e più in qualche maniera pensa di sapere, mentre più uno sa e più si accorge di sapere meno è reale.
Cosa l’ha infastidita maggiormente?
Non credo ci sia alcuna malvagità dietro a ciò che è successo. Mi lascia un po’ perplesso, invece, la superficialità che è seguita a quanto è accaduto. Cominardi avrebbe potuto evitare giudizi così trancianti nei confronti della ragazza diabetica, essendo consapevole di non conoscere la malattia. Il suo atteggiamento mi è sembrato incomprensibile, irrazionale. Ognuno è responsabile di quello che fa e dice, però…
La ragazza in questione è affetta da diabete di tipo 1. Da cosa è caratterizzata questa patologia?
Il diabete è una malattia molto diffusa: colpisce 250mila persone in Italia con 5mila nuovi casi ogni anno. Si distinguono diverse tipologie di diabete. Quello di cui soffre la ragazza, che è di tipo 1, colpisce in genere persone molto giovani, adolescenti e bambini, anche nei primi anni di vita, ed è caratterizzato dall’iniezione di insulina che i pazienti affetti da questa patologia devono fare almeno quattro volte al giorno. A differenza degli altri, che controllano il livello degli zuccheri nel sangue senza pensarci - così come il respiro o il battito del cuore - i diabetici di tipo 1 devono gestirsi e controllarlo tramite due strumenti: da una parte, l’iniezione dell’insulina, che serve per far abbassare gli zuccheri nel sangue; dall’altra, l’assunzione di qualche bustina di zucchero o di una bevanda zuccherata, in caso di eccesso di insulina, e quindi di una discesa eccessiva della glicemia - che può provocare il coma ipoglicemico se non si interviene adeguatamente e in modo repentino. In realtà, questa seconda regola vale anche per i pazienti di tipo 2 in terapia insulinica o che assumano farmaci che abbassano la glicemia.
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Il gestore del locale, quindi, ha sbagliato a parlare di “rimedi della nonna” e di insulina come unica terapia?
Tecnicamente ha detto una stupidaggine. Lo zucchero come il succo sono dei salvavita e non rimedi della nonna. Rappresentano lo standard della terapia del paziente di tipo 1 riconosciuto a livello mondiale. Non si tratta di un rimedio strano o buffo, ma semplicemente di quello che si deve assumere di fronte a una crisi ipoglicemica. Chi fa una terapia insulinica deve portare sempre con sé i salvavita perché se la glicemia crolla deve saperla controbilanciare, per non rischiare il coma ipoglicemico. I diabetici sono educati a portarsi dietro lo zucchero, le donne nella borsetta, gli uomini in tasca. Questo è il loro modo di combattere qualsiasi eventuale rischio. Aggiungo che, se in un contesto casalingo è possibile trovare un equilibrio abbastanza ripetibile, quando si esce a mangiare fuori o si va in un locale, è molto più facile incorrere in problematiche sia in alto (zuccheri in eccesso), che in basso (glicemia troppo ridotta). La ragazza in questione stava facendo esattamente quello che tutte le linee guida al mondo nel caso di diabete indicano come lo standard.
Cominardi ha detto anche che nel suo locale ha a che fare con migliaia di persone affette da patologie molto più gravi del diabete. Come commenta questo?
Non credo che debba essere prerogativa di tutti conoscere qual è la gravità di una malattia, ma che il diabete sia una malattia grave, in tutte le sue forme, lo sottolineo. Uccide una persona ogni sei secondi nel mondo. Il diabete di tipo 1, poi, ha delle caratteristiche particolari, cioè il fatto che si presenti in giovane età e necessiti continuamente di una terapia importante. Inoltre, è l’unica malattia - badi bene - in cui il paziente è responsabile della somministrazione di un farmaco che lo può uccidere.
La ragazza ha dichiarato di aver reso pubblico quest’episodio proprio per porre l’attenzione sulla malattia...
Certamente questa è l’occasione per riflettere sul fatto che esistano condizioni e malattie come il diabete che sono molto problematiche e difficili da gestire, a volte anche gravi. Tra l’altro, il 14 novembre è la giornata mondiale del diabete. Questa patologia è riconosciuta ovunque come un’emergenza sanitaria che consuma energie, costi umani ed economici enormi. Non parliamo di qualcosa di stupido, ma di una malattia che deve essere riconosciuta per quello che è, anche nelle piccole cose. Questa vicenda è utile per ricordare a tutti che con le patologie, a volte, bisogna convivere e la dignità delle persone non può essere messa in discussione da questo, in nessun momento. Non stigmatizziamo niente e nessuno ma cogliamo una morale positiva.