Il 22 ottobre 2009

Dieci anni fa moriva Stefano Cucchi | La sorella Ilaria: "Fu vittima della giustizia"

Sette processi, tre inchieste, due pronunciamenti della Cassazione per una verità processuale che si inizierà a scrivere il 14 novembre, quando è attesa la sentenza finale del processo bis

22 Ott 2019 - 10:08
 © ansa

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"Dieci anni fa Stefano moriva di giustizia". Lo ricorda su Facebook Ilaria Cucchi, sorella del 31enne geometra che morì il 22 ottobre 2009 dopo le percosse che gli vennero inferte mentre era sottoposto a custodia cautelare nella caserma romana di Via Appia. Arrestato per droga nella notte tra il 15 e il 16 ottobre 2009 da cinque carabinieri, Stefano è deceduto una settimana dopo all’ospedale Pertini, denutrito e con gravi ematomi e fratture.

L’attivismo di Ilaria Cucchi - Secondo i pm dell’inchiesta bis, il violento pestaggio avviene la notte stessa dell’arresto, nella caserma di via Appia a Roma. Dopo la morte del giovane all’Ospedale Pertini, prende il via un tortuosissimo iter processuale che, dopo dieci anni, non si è ancora concluso. Le aule di tribunale vedono sempre in prima fila Ilaria Cucchi, che porta avanti, senza arrendersi, la battaglia giudiziaria per fare luce sul caso del fratello. La donna chiede alla testata giornalistica CNRMedia di pubblicare le foto scattate durante l'autopsia al corpo martoriato di Stefano. Il forte impatto delle immagini sull'opinione pubblica dà al caso un’enorme visibilità mediatica.

Dieci anni di indagini e processi - Nell’ottobre 2009, la Procura di Roma apre un'inchiesta e mette sotto accusa i tre agenti di polizia penitenziaria che il 16 ottobre avevano accompagnato il ragazzo in tribunale per il processo per direttissima. Quella mattina, in aula, il corpo di Cucchi è segnato da evidenti segni di violenza. Il 5 giugno 2013 la Corte d’Assise assolve i poliziotti penitenziari e condanna sei medici dell’Ospedale Pertini per omicidio colposo. Il 31 ottobre 2014, nel giudizio di appello, vengono poi assolti.

Nel giugno 2015, sotto richiesta del legale della famiglia Cucchi, riparte da zero un’altra inchiesta e il fascicolo viene affidato al pm Giovanni Musarò. Il 12 gennaio dello stesso anno, dopo la richiesta della Corte d’Assise di nuovi accertamenti sull’operato di alcuni carabinieri, la Cassazione conferma la loro assoluzione, insieme a quella di tre infermieri e del primo dei medici che aveva visitato Cucchi. Ma ordina un nuovo processo per gli altri dottori, la cui assoluzione viene ribadita il 18 luglio 2016, poiché “il fatto non sussiste”. Il 4 ottobre 2016 il pool di periti nominato dal gip esclude il nesso tra il violento pestaggio e il decesso del 31enne. Dichiara che la causa più probabile è un improvviso attacco di epilessia, malattia di cui soffriva il giovane.

Totale inversione di rotta il 17 gennaio 2017, quando la Procura di Roma contesta il reato di omicidio preterintenzionale a tre carabinieri (Alessio Di Bernardo, Raffaele D'Alessandro e Francesco Tedesco) e nega che la causa della morte di Cucchi sia l'epilessia. Roberto Mandolino, maresciallo al Commissariato di via Appia al momento dell’arresto di Cucchi, viene accusato di falso e calunnia nei confronti dei poliziotti penitenziari precedentemente assolti. Di solo falso deve invece rispondere il militare Vincenzo Nicolardi. I cinque agenti, dopo qualche mese, vengono però rinviati a giudizio. Un anno e mezzo dopo, il 28 ottobre 2018, continuano a comparire sul banco degli imputati il primario dell'Ospedale Pertini Aldo Fierro e i medici Stefania Corbi, Flaminia Bruno, Luigi De Marchis Preite e Silvia Di Carlo, anche se l’accusa di omicidio colposo è ormai prescritta. 

L’8 aprile 2019 la svolta: il carabiniere imputato Francesco Tedesco rivela in aula i nomi degli autori materiali del pestaggio: sarebbero gli agenti Alessio Di Bernardo e Raffaele D'Alessandro. Pochi giorni dopo, prima di lasciare il tribunale, Tedesco stringe la mano a Ilaria Cucchi e le dice “mi dispiace”. Il 17 aprile 2019, la Procura di Roma chiede il processo per i numerosi depistaggi avvenuti durante l’indagine, in cui sarebbero coinvolti otto carabinieri, tra alti ufficiali e non. Azioni di depistaggio collegate a perizie medico legali in cui si legge che Stefano è morto per epilessia o tossicodipendenza. 

La sentenza del processo Cucchi bis e l’inizio del processo per depistaggio - Dieci anni dalla tragedia. Un triste anniversario che coincide però con due date importanti per il caso Cucchi. Il 12 novembre inizierà il processo per depistaggio agli altri otto carabinieri coinvolti. E il 14 novembre è prevista la sentenza finale del processo bis ai cinque carabinieri accusati di omicidio preterintenzionale, falso e calunnia e la sentenza d’appello, la terza dopo due rinvii della Cassazione, ai medici dell’ospedale Pertini che ebbero in cura Cucchi per omicidio colposo.

"Una sentenza in simili processi rappresenta un monito ai cittadini, che devono continuare ad avere fiducia nelle istituzioni", ha commentato Ilaria Cucchi. "Di indifferenza muoiono gli ultimi. Vorrei che Stefano fosse ricordato come un simbolo, per dare voce e speranza a coloro non hanno strumenti per combattere le battaglie che servono".

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