Ancora interrogativi da chiarire

Disastro del Vajont, 60 anni fa una delle più grandi tragedie italiane: oltre 1.910 vittime

La sera del 9 ottobre 1963, una gigantesca frana ha cancellato in pochi minuti intere comunità al confine tra Veneto e Friuli Venezia Giulia uccidendo 1.910 persone

09 Ott 2023 - 14:29

"Un sasso è caduto in un bicchiere colmo d'acqua e l'acqua è traboccata sulla tovaglia". Con questa metafora Dino Buzzati, allora cronista del Corriere della Sera, descriveva il disastro del Vajont il 9 ottobre 1963. A distanza di 60 anni da una delle più grandi tragedie del nostro Paese, sono ancora molti gli interrogativi ancora da chiarire.

I fatti

 Era la sera del 9 ottobre 1963, quando alle ore 22:39, una frana gigantesca (oltre 270 milioni di metri cubi di roccia) crollò dalle pendici del monte Toc e precipitò nel sottostante invaso del Vajont. Si sollevarono tre enormi onde, di cui una superò di 250 m in altezza il coronamento della diga e in parte risalì il versante opposto distruggendo tutti i centri abitati lungo le sponde del lago nel comune di Erto e Casso. La furia dell'acqua si riversò nella valle del Piave, distruggendo quasi completamente il paese di Longarone e i comuni limitrofi, e in parte ricadde sulla frana stessa creando un laghetto e precipitando verso Longarone. Le vittime furono 1.910, di cui 1450 a Longarone, 109 a Codissago e Castellavazzo, 158 a Erto e Casso e 200 originarie di altri comuni.

Il disastro del Vajont, 57 anni fa la tragedia

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Le cause

 Il disastro del Vajont fu dovuto a una serie di eventi e di cause concatenate tra loro. Tra le principali, l'innalzamento delle acque del lago artificiale oltre la quota di sicurezza di 700 metri voluto dall'ente gestore, operazione effettuata ufficialmente per il collaudo dell'impianto. Furono però anche le abbondanti piogge e le forti negligenze, accertate da un'inchiesta successiva, nella gestione dei possibili pericoli dovuti al particolare assetto idrogeologico del versante del monte Toc. Questi fattori favorirono lo spostamento dell'antica frana sul versante settentrionale della montagna. Eppure, nei mesi e nelle settimane precedenti la tragedia, il timore serpeggiava tra gli abitanti dei paesi limitrofi. 

L'inchiesta

 Sono in molti infatti, a descrivere il disastro del Vajont come una "tragedia annunciata". A pochi giorni dall'evento, la magistratura aprì un'indagine, vennero nominate commissioni d’inchiesta per stabilire se si fosse trattato di un disastro naturale o di un errore umano. Tra i capi d'accusa, cooperazione in disastro colposo (sia di frana che di inondazione), omicidio e lesioni colpose plurimi. Vennero indagati alcuni dirigenti e consulenti della SADE e alcuni funzionari del Ministero dei lavori pubblici. Tutte le relazioni tecniche del caso dimostrarono che la catastrofe del Vajont era prevedibile.    

Dopo un processo durato dal 1968 al 1972 vennero condannati Alberico Biadene, un dirigente della Sade, e Francesco Sensidoni, ispettore del Genio civile. Soltanto Biadene finirà in prigione, per un anno e 6 mesi. La Sade fu nel frattempo inglobata da Enel e Montedison, condannate a risarcire i danni nel 1997. Nel 2000 lo Stato italiano dividerà le spese di risarcimento con le due compagnie.    

Lo speciale su Focus

 A 60 anni dal disastro, lo speciale "Vajont, 9 Ottobre 1963 - la Montagna, la Diga, gli Uomini" che Focus propone lunedì 9 ottobre, in prima serata, indaga sulla tragedia esplorandone i fatti, le cause, l'impatto, gli errori, il dolore, lo scandalo, le ferite nel territorio e nei superstiti, la diga ieri e oggi, l'impegno della scienza applicata perché tali tragedia non possano ripetersi. Il programma, a cura del divulgatore scientifico Luigi Bignami, con la regia di Gianluca Gulluni e Manuele Mandolesi, cerca sul territorio le cause del disastro: e, per la prima volta, mostra in tv l'interno della diga e delle gallerie di servizio che servivano alla manutenzione e al controllo dell'invaso. Nello speciale, tracciato con foto dell'epoca, immagini d'archivio e riprese delle stesse zone oggi, propone le voci di alcuni testimoni diretti della tragedia; un ricordo dell'accaduto di Mauro Corona, gli interventi di ingegneri e geologi (Piero Gianolla, Università di Ferrara; Giovanni Crosta, Università Milano Bicocca; Emiliano Oddone, Dolomiti Project), e visite, fra i luoghi, al Cimitero Monumentale delle Vittime del Vajont, dove riposano 1.464 vittime (le salme mancanti non sono mai state rinvenute). La storia "della catastrofe del Vajont iniziata circa 23 anni prima, termina con quattro minuti di apocalisse", spiega Bignami. Tra le mete di Bignami anche il Museo Longarone Vajont Attimi di storia: "Siamo qui per fare rumore - spiega la coordinatrice Sonia Bortoluzzi - per non cadere nell'oblio".

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