Reggio Emilia

Morì a 20 anni consegnando pizze, rinviati a giudizio i titolari del locale: "Le fornirono un'auto non sicura"

Dalle ultime perizie era emerso che la macchina, guidata dalla giovane ma di proprietà dei datori di lavoro, aveva gli pneumatici pesantemente usurati

10 Set 2024 - 18:42
 © ansa

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Sono stati rinviati a giudizio i due titolari della pizzeria di Reggio Emilia per la quale lavorava come fattorina Elena Russo, studentessa universitaria morta all'età di 20 anni la sera del 30 gennaio 2022 in un incidente stradale durante una consegna a domicilio. I soci - un 49enne e un 33enne - dovranno rispondere di omicidio colposo con violazione delle norme per la sicurezza sul lavoro e del codice stradale.

Secondo quanto riportato dal Resto del Carlino di Reggio Emilia, la procura contesta loro di aver fornito alla giovane un'auto non conforme ai fini della sicurezza, non sottoposta a idonea manutenzione. Infatti da una perizia eseguita sul veicolo ordinata dal tribunale, sono stati ravvisati pneumatici in grave stato di usura e crepe e privi di battistrada. Due gomme in particolare risalivano una a 16 anni prima, l’altra a otto, risultando praticamente anche più vecchie dell'auto stessa. 

Per i magistrati, quindi, la scarsa aderenza al suolo dell’auto causata dall’insufficiente manutenzione avrebbe avuto un ruolo decisivo nell’incidente, togliendo l’aderenza necessaria all’automobile. Secondo i pm ci sarebbe un nesso causale con l'incidente stradale, perché questi elementi avrebbero portato la ragazza a perdere aderenza al terreno e quindi il controllo del mezzo.Il gup Luca Ramponi, quindi, ha rinviato a giudizio i due titolari, mentre i genitori della vittima si sono costituiti parte civile.

La difesa degli imputati si era opposta alla formulazione della procura sostenendo che la giovane, secondo un consulente di parte, viaggiasse a 130 chilometri orari in un punto dove vige il limite a 50. La sostituto procuratrice Laura Galli, prima titolare del fascicolo, iscrisse i due uomini nel registro degli indagati, ma a settembre 2022 chiese l'archiviazione. Poi il gip Andrea Rat rigettò la domanda per promuovere gli accertamenti tecnici che hanno portato a una svolta e all'imputazione coatta, col fascicolo ereditato nel frattempo dai pm Stefano Finocchiaro e Denise Panoutsopoulos.

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