disegni manipolati e elettroshock

Affidi illeciti nel Reggiano, vessazioni e abusi nelle nuove famiglie: le storie di Giulia e Roberto

Due nuove mamme per la piccola, minacciata affinché confessasse abusi mai subiti. Il bimbo invece è stato stuprato da un 17enne (anche lui in affido) ma per l'assistente sociale è stata colpa sua

28 Giu 2019 - 14:01
 © ipa

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Una realtà difficile da immaginare, degna dei peggiori incubi. Allontanati ingiustamente dai genitori con storie inventate, finti abusi, disegni manipolati a fini sessuali, e ore di sedute di psicoterapia, che servivano solo a fare ai piccoli "il lavaggio del cervello". E' quanto emerso dall'inchiesta "Angeli e Demoni" sulla rete dei servizi sociali e il sistema degli affidi della Val D'Enza, nel Reggiano. Incredibili le storie di Giulia e Roberto, vittime per davvero ma da parte delle nuove famiglie affidatarie.

Giulia, come riporta Il Fatto Quotidiano, è epilettica e, con l'accusa (inventata) che il padre ha abusato di lei, è stata data in affido a due donne. Una di loro, non a caso, in passato ha avuto una relazione sentimentale con la responsabile dei servizi sociali, che è finita ora ai domiciliari. La piccola è stata addirittura minacciata con urla e bestemmie dalle due mamme affinché confessasse gli abusi in realtà mai subiti. Per Giulia vessazioni psicologiche continue, come il divieto di portare i capelli sciolti "per non manifestare la vanità".

Roberto, che è stato costretto ad accusare falsamente i genitori di aver masturbato lui e tutti i suoi fratelli, viene allontanato dalla famiglia e dato in affido. A soli sette anni, però, viene stuprato da un ragazzo, di 17 anni, che come lui era stato affidato alla stessa famiglia. Sconvolgente il fatto che, a detta dell'assistente sociale (poi finito in manette) l'abuso sia stata colpa di Roberto: "Chissà che segnali avrà mandato a questo ragazzo perché fosse predabile".

I bambini venivano suggestionati anche con l'uso di impulsi elettromagnetici, con elettrodi applicati su mani e piedi: un sistema che serviva ad alterare "lo stato della memoria in prossimità dei colloqui giudiziari", ma che ai minori veniva spiegato come una sorta di "macchinetta dei ricordi", che li avrebbe aiutati a superare i traumi. L'unico fine era portare i bambini presso la struttura pubblica "La Cura" di Bibbiano e addebitare il costo esorbitante delle sedute allo Stato: mentre a Torino la terapia costava 60 euro l'ora, a Bibbiano era tra i 100 e i 135 euro.

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