Claudio Foti fornisce al Riesame i filmati delle sue sedute a Bibbiano: "Nessuna manipolazione dei pazienti"
Non è più agli arresti domiciliari Claudio Foti, 68 anni, psicoterapeuta e direttore scientifico della onlus "Hansel e Gretel" di Torino coinvolto nell'inchiesta "Angeli e Demoni" della procura di Reggio Emilia su un presunto giro di affidi illeciti a Bibbiano, nella Val D'Enza. Per il Riesame non ci sono gravi indizi sull'accusa di aver manipolato una paziente. E lui parla ai quotidiani: "Su di me fango, salvato dai video delle mie sedute".
"Su di noi è stata gettata un'ondata di fango e di fake news. La semplificazione che è stata fatta è una distorsione grave di un lavoro lungo trent’anni rigorosamente a favore dei bambini e delle donne vittime di violenza", dice Foti su Repubblica. Per lui il Riesame ha deciso che non sono necessari gli arresti domiciliari perché non ci sono "gravi indizi di colpevolezza", afferma l'avvocato di Foti. A far vacillare l'accusa nei confronti dell'elemento cardine dell'inchiesta della procura di Reggio Emilia sono stati i video forniti da Foti.
La minorenne condizionata - Per i pm Foti aveva manipolato la mente di una bambina durante le sedute di psicoterapia. Questo per farle ricordare degli abusi mai esistiti e poterla così assegnare ad una famiglia affidataria (che percepiva per questo un compenso) e toglierla ai genitori. "Ma io quegli incontri li avevo registrati", dice Foti al Corriere della Sera. "Venti ore di filmati per 15 sedute mi hanno salvato, il tribunale ha preso atto del fatto che la mia terapia era basata sul rispetto empatico, che non vi erano elementi di induzione, né una concentrazione forsennata sull’abuso. Sono filmati inequivocabili: smentiscono clamorosamente le testimonianze contro di me, come quella della madre della ragazza, che ha cambiato le carte in tavola. Era stata lei a descrivere una situazione di abusi reiterati".
"Non sono un mostro" - Foti nelle carte dell'accusa era descritto come un mostro, addirittura in una testimonianza di parla di lui travestito da lupo per intimorire una bambina e indurle così dei ricordi terrificanti. "Non esiste un 'metodo Foti', c'è una vasta area della psicoterapia che ha questo approccio. Naturalmente nella comunità scientifica c'è conflitto e sono stato accusato, soprattutto dagli psicologi forensi, di costruire falsi ricordi di abusi in modo aprioristico. Invece il mio lavoro è solo finalizzato alla guarigione dei pazienti".
La bimba usata come cavia - Una donna, poi, accusava Foti di aver usato la figlia come cavia per le sue terapie. "La verità - dice Foti - è che noi avevamo vinto un bando dell'Asl di Reggio Emilia, che prescriveva un'attività di formazione di un gruppo di psicoterapeuti della stessa Asl, i quali avrebbero dovuto assistere alle sedute in una stanza con una videocamera a circuito chiuso. Una modalità che si usa in tutto il mondo. C'era il consenso della madre e di tutti gli interessati. Non so davvero perché tutto ciò sia accaduto. Hanno detto a noi che eravamo verificazionisti, eppure, forse, lo sono stati loro: hanno trasformato in teorema qualcosa che non c'era".
Il danno d'immagine - E poi l'infamante accusa della speculazione, quella dell'aver lucrato sugli abusi: "Andavo fino a Reggio Emilia per 500 euro a giornata incluse le spese, quando in una qualunque giornata di formazione posso guadagnarne il doppio o il triplo", si difende Foti che poi contrattacca: "Siamo noi della Hansel e Gretel ad aver subito un pesante danno di immagine". "Non so davvero perché tutto ciò sia accaduto. Sono di orientamento buddista, credo che le persone della procura che mi hanno accusato siano state animate dal desiderio di cercare la verità. Ma talvolta, la verità, la si cerca in modo sbagliato", ha concluso Foti.