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La mattina del 2 agosto 1980 alle ore 10.25 una valigia contenente un ordigno a tempo e depositata nella sala d’aspetto della stazione ferroviaria di Bologna esplose causando una strage: si contarono alla fine 85 morti e 200 feriti tra i quali numerosi mutilati. La carica esplosiva era stata miscelata con cura professionale per essere micidiale e devastante e causare il maggior danno possibile: infatti fece crollare l’ala ovest dell’edificio ma l’onda d’urto investì il treno Adria Express in quel momento in sosta sul primo binario, distruggendo 30 mt di pensilina e il parcheggio antistante quella parte della stazione.
Si trattò dell’ultimo e più grave - per conseguenze e vittime - di una serie di attentati che avevano investito il Paese, partendo dalla voragine aperta dall’esplosione avvenuta dentro la Banca Nazionale dell’Agricoltura di Piazza Fontana a Milano il 12 dicembre 1969, alla bomba deflagrata in Piazza della Loggia a Brescia il 28 maggio 1974 mentre si svolgeva una manifestazione contro il terrorismo neofascista, seguita poco più di due mesi dopo dall’attentato stragista al treno Italicus nella notte tra il 3 e il 4 agosto dello stesso anno, mentre il convoglio stava transitando a San Benedetto Val di Sambro (Bo): se l’esplosione fosse avvenuta in una delle numerose gallerie di quella tratta le conseguenze sarebbero state ben più gravi dei 12 morti accertati. Ciò avvenne dieci anni dopo, il 23 dicembre 1984 per la “strage del treno di Natale”, il Rapido 904 che si sventrò per una bomba a tempo dentro la “Grande galleria dell’Appennino” causando 16 vittime. L’esplosione alla stazione di Bologna si inserisce dunque a pieno titolo in quella lunga scia di attentati che attraversarono il nostro Paese negli anni Settanta e Ottanta e che furono ascritti ad una mirata “strategia della tensione”, volta a colpire inermi cittadini, a seminare panico, morte e distruzione tra i civili ma con effetti devastanti sulle istituzioni democratiche e sulla stessa credibilità di alcuni apparati dello Stato. Il 28 agosto 1980 la Procura della Repubblica di Bologna emise 28 ordini di cattura nei confronti di militanti di estrema destra dei Nuclei Armati Rivoluzionari, di Terza Posizione e del “Movimento Rivoluzionario Popolare”. A questi se ne aggiunsero un'altra cinquantina. Alla fine furono tutti scarcerati. Dopo lunghe indagini e un contrastato processo, come esecutori materiali della strage furono condannati Valerio Fioravanti e Francesca Mambro che si dichiararono sempre estranei ai fatti (“Siete stati depistati. Noi condannati sull’altare della necessità storica”)
Attorno a questa strage, come era già avvenuto per quella di Piazza Fontana nel 1969, si sviluppò un cumulo di affermazioni, smentite, piste vere e false, tipiche di altri tragici avvenimenti della già citata ‘strategia della tensione’ che aveva attraversato una lunga parte della storia della cosiddetta Prima repubblica, insieme alla stagione della guerra armata delle Brigate Rosse culminata con l’eccidio di Via Fani e la prigionia e l’assassinio del Presidente Aldo Moro, avvenuto il 9 maggio 1978. Ci fu dunque contemporaneità nella deriva storica di polarizzazione ideologica, in un’epoca in cui lo Stato non si dimostrò sempre all’altezza dei fatti, capace di prevenire attentati e atti criminali attraverso i servizi di intelligence. Basti ricordare le affermazioni del giudice Libero Mancuso che, molti anni dopo i fatti di Bologna dichiarò che i depistaggi erano iniziati il giorno stesso della strage, imputata allo scoppio di una caldaia della stazione. Restano a distanza di anni molti interrogativi che non sono stati ancora del tutto chiariti. Possiamo aggiungere a questa lunga scia di sangue e di terrore i delitti “eccellenti” dei magistrati siciliani Falcone e Borsellino, ricordati recentemente poiché avvenuti a poco più di cinquanta giorni l’uno dall’altro nel maggio e luglio 1992.
E nell’elenco, pur se attribuibile a cause esterne che non sono state ancora chiarite ma che descrivono un conflitto aereo tra Mig libici e aerei militari USA e francesi, non possiamo dimenticare la tragedia dei cieli di Ustica, anch’essa a lungo depistata e secretata, nonostante l’abnegazione di un Magistrato retto ed esemplare come Rosario Priore. Ancora oggi le famiglie delle vittime di tutte le stragi chiedono verità e giustizia e non si danno pace: erano mariti, sorelle, mogli, figli, genitori. Come si può continuare la propria vita senza sapere come sono andate le cose? La conoscenza occultata o depistata dei fatti aumenta il dolore per l’assenza dei propri cari vittime di atti criminali. La generazione che ha vissuto quegli anni di terrorismo non può dimenticare come all’improvviso si creò una frattura ideologica tra il periodo della Liberazione e gli anni 50 e 60 della ricostruzione del Paese da un lato e la deriva successiva di violenza e insicurezza sociale. Mentre per le giovani generazioni resta il dovere morale di conoscere la Storia, anche quella più recente, poiché solo illuminandola con la Verità si può fare il possibile affinché non abbia a ripetersi.
Francesco Provinciali