"Sono felice" ha detto ai parenti che erano in aula per il processo
Doppia assoluzione per Daniela Poggiali, ex infermiera imputata per l'omicidio di pazienti morti in corsia all'ospedale di Lugo, nel Ravennate. La Corte di Assise di appello di Bologna ha infatti assolto la donna perché il fatto non sussiste nell'appello ter per la morte di Rosa Calderoni, 78enne deceduta l'8 aprile del 2014 e anche per il caso del 94enne Massimo Montanari, deceduto il 12 marzo 2014 sempre a Lugo. La Poggiali sarà scarcerata.
Ennesimo ribaltamento della sentenza di primo grado. Per la morte di Rosa Calderoni si partiva da un ergastolo, due volte riformato da assoluzioni in appello, poi annullate da altrettante Cassazioni. Per il decesso di Massimo Montanari aveva ricevuto una condanna a 30 anni, in primo grado. In entrambi, per la Corte, il fatto non sussiste.
Sarà subito scarcerata: "Sono felice" - Oltre alle due assoluzioni, la Corte di assise di appello ha ordinato anche l'immediata scarcerazione per Daniela Poggiali. La donna raggiungerà Forlì, dove è in custodia cautelare, e poi una volta prese le sue cose, sarà di nuovo libera, come successe
dopo la prima assoluzione, nel luglio 2017, all'epoca dopo mille giorni di carcere. Nell'aula erano presenti la sorella e il cognato, che appena la Corte ha letto il dispositivo si sono avvicinati a lei. "Sono felice, non poteva che andare cosi'", ha detto.
I due casi rimandati "indietro" dalla Cassazione - La Corte di assise di appello di Bologna era chiamata a esprimersi su due casi simili, che però negli anni hanno avuto tempi di sviluppo differenti. Per il primo si trattava di un raro "appello ter" e la Procura generale ha ribadito con il sostituto pg Luciana Cicerchia la richiesta di confermare l'ergastolo per l'omicidio della 78enne Rosa Calderoni, secondo l'accusa fatta morire con un'iniezione di potassio a poche ore dal ricovero, l'8 aprile del 2014 all'ospedale 'Umberto I' di Lugo. Il secondo filone invece vedeva Poggiali a giudizio per l'omicidio di un altro anziano paziente, il 94enne Massimo Montanari, deceduto il 12 marzo 2014 sempre a Lugo. In primo grado, per questo, era stata condannata a 30 anni e sottoposta a custodia cautelare in carcere, arrestata alla vigilia del Natale 2020.
Ma il processo potrebbe tornare al terzo grado - Le decisioni di oggi, entrambe con la formula "perché il fatto non sussiste", sono un momento importante, ma non quello definitivo perché sono sempre possibili ricorsi in Cassazione che, se ci saranno, potrebbero allungare ulteriormente una infinita trafila giudiziaria.
Una vicenda iniziata nel 2014 - La vicenda processuale si era aperta nell'ottobre del 2014, quando Poggiali fu arrestata per il caso Calderoni. Condannata in primo grado all'ergastolo a Ravenna, l'infermiera aveva passato oltre mille giorni in carcere per essere liberata solo all'indomani della prima assoluzione, il 7 luglio 2017 "perché il fatto non sussiste' dalla Corte d'assise d'appello di Bologna, sulla base di una perizia giudicata favorevole all'imputata perché avallava la possibilità della morte per cause naturali della paziente.
La successiva decisione della Cassazione, l'anno seguente, di ordinare un nuovo processo d'appello a Bologna non cambiò la decisione dei nuovi giudici, che confermarono la formula "il fatto non sussiste" per assolvere di nuovo la donna nel 2019. L'insistenza della Procura nell'impugnare anche questa decisione trovò però ulteriore ascolto dalla Cassazione, che ancora una volta aveva rimandato indietro il processo. Nel frattempo l'ex infermiera è stata condannata in abbreviato a Ravenna anche per il caso di Montanari, morto la notte prima delle annunciate dimissioni. E dopo questa condanna è stata disposta una nuova misura di custodia cautelare in carcere, eseguita, appunto, la vigilia di Natale 2020.
L'appello ter sulla morte di Calderoni, andato di pari passo con l'altro processo, ha visto disporre nuove perizie, tra cui uno studio statistico-forense dal quale è emerso che nei turni nei quali era in servizio l'imputata, il tasso di mortalità dei pazienti era "tre-cinque volte rispetto alla media degli altri infermieri". Ma l'accusa contro di lei "è qualcosa di folle" ha detto oggi Poggiali nelle dichiarazioni spontanee prima che prendessero la parola le parti. I suoi difensori, gli avvocati Lorenzo Valgimigli e Gaetano Insolera, hanno parlato per circa due ore. Valgimigli, in particolare, che alla fine ha definito la sentenza di assoluzione un "passo nevralgico e decisivo", aveva accennato alle modalità con cui i dipendenti Ausl avevano repertato il deflussore con tracce di potassio e ha definito le indagini sul caso "fai da te e inaffidabili" e anche "abusive".