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Il jet, un Macchi MB326 dell'Aeronautica, si schiantò contro l'aula della II A, provocando dodici vittime tra gli studenti. Nel resto dell'istituto fiamme e macerie provocarono 88 feriti
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Sono passati trent'anni da quando un aereo militare in avaria e senza controllo si schiantò in un'aula, la II A, dell'Istituto tecnico Salvemini a Casalecchio di Reno, alle porte di Bologna. In quella classe, alle 10:33 del 6 dicembre 1990, c'erano la professoressa e 16 studenti quindicenni: dodici rimasero uccisi, mentre fiamme e macerie nel resto della scuola provocarono 88 feriti, molti dei quali riportarono invalidità permanenti.
Il jet, un Macchi MB326 dell'Aeronautica, era partito per un'esercitazione da Villafranca (Verona). Ai comandi c'era il sottotenente Bruno Viviani, che tentò invano l'atterraggio di emergenza all'aeroporto di Bologna ma riuscì a salvarsi, riportando qualche lesione, lanciandosi con il seggiolino eiettabile.
Condanne e assoluzioni - Nel '95 il pilota e due superiori furono condannati in primo grado a due anni e sei mesi di reclusione, ma la Corte d'Appello, e infine la Cassazione nel '98, ribaltarono la sentenza assolvendo i tre imputati da ogni accusa perché "il fatto non costituisce reato". La strage venne dunque attribuita a un tragico incidente, una fatalità.
I familiari delle vittime e i feriti ottennero risarcimenti, ma avrebbero voluto un gesto dall'amministrazione militare: "Non tanto delle scuse - disse in occasione del decennale Roberto Alutto, padre di Deborah, una delle ragazze scomparse - ma un qualche segno di responsabilità. Ci saremmo accontentati di questo".
La scuola, rimasta a lungo sotto sequestro, nel 2001 diventò Casa della solidarietà intitolata ad Alexander Dubcek, sede autogestita per una trentina di associazioni, dall'Anpi alla Pubblica assistenza, dall'Ant alla Protezione civile. Intatta invece l'aula squarciata, diventata un angolo della memoria.
La testimonianza di Antonio Cabrini - In molti in città videro quella mattina l'aereo zigzagante, compresi i calciatori del Bologna che erano sul campo di Casteldebole, 300 metri in linea d'aria dal Salvemini: "Tante volte mi sono detto che quell'aereo poteva cadere vicino al campo dove mi stavo allenando - ha commentato l'ex campione del mondo Antonio Cabrini -. Me lo ricordo nitido ma altissimo, ha fatto molti giri sopra di noi poi ha cominciato a scendere. Con tutti i posti che c'erano, infilarsi proprio dentro una scuola è un destino troppo crudele".
Pochi minuti dopo lo schianto arrivò nella succursale di via del Fanciullo anche l'attuale assessore regionale alla Sanità, Raffaele Donini, al suo primo giorno da cronista de L'Unità, che poco prima aveva seguito un corteo dei metalmeccanici: "Sentii un boato enorme e corsi verso il Salvemini. Vidi fiamme e studenti anneriti dal fumo, ustionati o che si buttavano dal cornicione. E' stato il mio big bang umano e professionale".