DOPO LA SENTENZA D'APPELLO

Uccise la ex, maxisconto di pena per "tempesta emotiva": la Procura di Bologna fa ricorso

Dopo le polemiche è intervenuto il presidente della Corte di appello a spiegare che "la gelosia non è stata considerata attenuante"

04 Mar 2019 - 19:37
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La Procura generale di Bologna farà ricorso in Cassazione contro la sentenza della Corte di assise di appello sull'omicidio di Olga Matei, strangolata il 5 ottobre 2016 a Riccione (Rimini). Per il reo confesso Michele Castaldo, 57 anni, i magistrati avevano infatti quasi dimezzato la pena perché l'uomo agì in preda a una "tempesta emotiva". Si chiede ora alla Suprema corte di valutare la correttezza dei principi espressi nella sentenza.

"La gelosia non è attenuante" - Sulla sentenza che ha suscitato tante polemiche, è intervenuto il presidente della Corte di appello di Bologna Giuseppe Colonna, fornendo alcuni chiarimenti "tecnici". "La gelosia non è stata considerata motivo di attenuazione del trattamento, anzi, al contrario, motivo di aggravamento in quanto - ha sottolineato Colonna - integrante l'aggravante dell'avere agito per motivi abietti-futili (e ciò con ampia e convinta motivazione, che occupa due pagine fitte di motivazione)".

"La misura della responsabilità (sotto il profilo del dolo) era comunque condizionata dalle infelici esperienze di vita, affettiva, pregressa dell'imputato, che in passato avevano comportato anche la necessità di cure psichiatriche, che avevano amplificato il suo timore di abbandono. Questo - ha proseguito Colonna - è il dato rilevante al di là della frase, che è comunque tratta testualmente dal perito: 'soverchiante tempesta emotiva e passionale'".

"Confessione spontanea e parziale risarcimento alla figlia della vittima" - La concessione delle attenuanti, ha ricordato il presidente della Corte, si è basata anche sulla "immediata e spontanea confessione" e sul fatto che l'imputato "seppur in forma incompleta, ha tentato di iniziare a risarcire la figlia della vittima".

L'unico approccio "a un tema così complesso - ha spiegato il magistrato - è quello squisitamente tecnico, che si può tentare di chiarire per punti, ponendo alla base unicamente quanto si ricava dalla sentenza".

In primo grado furono negate le attenuanti generiche - Tra questi punti, si ricorda che l'imputato è stato giudicato colpevole di omicidio aggravato dai futili-abietti motivi ("dell'aver agito per gelosia") delitto sanzionato con l'ergastolo e, in caso di abbreviato, come in questo, con la pena di 30 anni. Inoltre è stato ritenuto meritevole delle attenuanti generiche, negate in primo grado.

Il peso della confessione - La Corte di assise di appello ha ritenuto di concederle sottolineando, ha spiegato ancora Colonna, "l'immediata e spontanea confessione, irrilevante quanto al punto della responsabilità (qui si condivide il giudizio del primo giudice)", ma invece "risultata determinante quanto al punto della aggravante dell'avere agito per gelosia e dunque per motivi abietti-futili". Solo la confessione, secondo i giudici, "aveva infatti apportato nel processo i dati conoscitivi (altrimenti ignoti e insondabili), che hanno consentito di fondare l'affermazione di sussistenza della aggravante (che determina la elevazione della pena dalla normale 'forbice' 21-24 anni di reclusione a quelle fissa dell'ergastolo, che, in caso di abbreviato, si ridetermina in anni 30 di reclusione)".

Infine, il tentativo di risarcimento che aveva lasciato "intravedere la presa di coscienza dell'enormità dell'azione compiuta". Per Colonna sono dunque "tre motivi convergenti, di cui "il primo ed il terzo", confessione e risarcimento, "oggettivi e ineccepibili", e il secondo "comunque congruo in quanto inerente l'aspetto della vita pregressa e della responsabilità sotto il profilo del dolo d'impeto".

In caso di attenuante giudicata equivalente all'aggravante, si ricorda infine, "nel caso di specie la pena è automaticamente quella di 16 anni (pena base per il reato 24, cioè il massimo previsto) ridotta di un terzo in ragione del rito abbreviato".

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