"un ragazzo schivo e moderato"

Enna, l'insegnante di Amri: "Illuminava il buio del carcere"

La docente ha confessato tutto il suo stupore a un sito d'informazioni siciliano, raccontando l'incontro col terrorista nel 2012

23 Dic 2016 - 18:03

“Il suo volto era di una bellezza straordinaria e aveva un sorriso che riusciva ad illuminare tutto il buio che un posto come il carcere emana". Con queste parole una donna che lavora come insegnante d'italiano nel carcere di Enna, descrive Anis Amri, il terrorista della strage di Berlino, ucciso alle porte di Milano. I due si erano conosciuti nel 2012, l'anno in cui l'uomo era detenuto nel carcere siciliano per aver appiccato un rogo in un centro di accoglienza.

La docente d'italiano, nell' intervista esclusiva rilasciata al sito Siciliainformazioni.com, dice di aver riconosciuto subito quel viso e si dichiara sconvolta per quanto accaduto: "Era un ragazzo schivo ma nulla faceva pensare che fosse un estremista, anzi sembrava un moderato come i suoi concittadini tunisini". In seguito, la donna confessa di aver conosciuto a fondo Amri e proprio per questo non si capacita delle sue azioni. Afferma, infatti, di averne colto la debolezza e la vulnerabilità e di aver cercato di coinvolgerlo, ma senza successo, in un progetto teatrale, convinta che potesse essergli d'aiuto.

"Non si apriva molto, però un giorno mi disse che mi voleva bene. Io ci sto male perché i miei insegnamenti, il mio esempio seppur per un breve periodo sono stati un fallimento e oggi mi chiedo se ci siano sfuggiti dei segnali che quel ragazzo ci mandava, segnali che noi non siamo stati in grado di cogliere e mi rendo conto di non aver fatto abbastanza”, così prosegue l'insegnante mostrando un senso di colpa per non aver saputo capire certi comportamenti e non avergli dato il supporto necessario che, probabilmente, avrebbe potuto impedire la radicalizzazione.

Nonostante queste dichiarazioni, è già stato reso noto che proprio nel periodo di detenzione in Italia, Amri avrebbe assunto comportamenti violenti nei confronti di un altro detenuto arrivando a minacciarlo in quanto cristiano.

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