"Non sempre è facile risalire all’identità degli odiatori seriali che prendono di mira sia le persone comuni sia le celebrità". L'intervista di Tgcom24 a Eva Claudia Cosentino, responsabile nazionale della pedopornogragia online della Polizia Postale
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Quali rischi corrono gli autori di commenti offensivi? E perché spesso restano impuniti? La responsabile nazionale per il contrasto della pedopornografia online della Polizia Postale, Eva Claudia Cosentino ha spiegato quali ostacoli si incontrano nell’identificazione degli haters e chi sono le vittime più colpite.
Essere riconosciuto come hater è un reato? Cosa si rischia?
Ad oggi in Italia non esiste il reato di "hating", chi è ritenuto un hater dalla Polizia Postale può essere denunciato solo per altri reati, a seconda del tipo di commenti postati. Si può trattare di diffamazione aggravata con mezzo Internet; minacce, nel caso in cui i commenti siano intimidatori, atti persecutori o stalking, quando si protraggono a lungo, atti di istigazione all’odio oppure anche sostituzione di persona, se si utilizza un account riconducibile a terze persone. Lo stesso avveniva per il cyberbullismo e il revenge porn prima che venissero definite le fattispecie di reati.
Una volta individuati i commenti offensivi, come si procede per identificare l’utente?
Il primo passo è chiedere i dati informatici al social network. E qui si incontra la prima difficoltà: molti social hanno sede negli Stati Uniti, dove la diffamazione non è considerata reato, quindi spesso le società non forniscono i dati. Nel momento in cui invece si riesce a ottenerli, si individua l’indirizzo IP e di conseguenza l’utenza telefonica e l’intestatario. Anche questo secondo passaggio non è sempre facile: se l’hater è connesso a una rete wi-fi, aperta a più persone che possono collegarsi contemporaneamente, bisogna utilizzare altri riscontri per individuare il responsabile. Ci sono poi casi in cui gli hater si celano dietro sistemi anonimi di navigazione ed è quindi quasi impossibile identificarli. Altri invece al contrario sono così sicuri di sé che utilizzano il proprio account personale. Si procede però comunque a una verifica perché qualcuno potrebbe essersi appropriato della password dell’account.
Perché spesso gli haters non sono perseguiti?
In alcuni casi non si riesce a identificare l’utente. Quando invece è possibile, la Polizia Postale deferisce il soggetto all’autorità giudiziaria che, da quel momento, è responsabile della procedura.
Quali sono le principali vittime degli haters?
Spesso, come si è visto nei recenti eventi di cronaca, sono i personaggi noti a essere presi di mira. In molti casi le vittime sono però persone comuni: le più colpite sono le donne (63% delle denunce), ma anche omosessuali, persone di nazionalità straniera e diversamente abili. Negli ultimi due anni le denunce per i reati ascrivibili al fenomeno degli haters sono raddoppiate: non sappiamo se per un effettivo aumento dei casi o per una maggior consapevolezza delle vittime.