Lui si autodefiniva "padrone"

Ex vigilessa uccisa nel Bolognese, pm: "Tra Giampiero Gualandi e Sofia Stefani c'era un contratto di sottomissione sessuale"

La donna è morta il 16 maggio 2024 in seguito a un colpo partito dalla pistola di ordinanza di Gualandi, nell'ufficio dell'uomo presso il comando di Anzola Emilia

17 Mar 2025 - 11:13
 © Ansa

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Il 18 maggio 2023 Giampiero Gualandi e Sofia Stefani avrebbero firmato un "contratto di sottomissione sessuale". Ne hanno parlato la procuratrice aggiunta Lucia Russo e l'avvocato Andrea Speranzoni, difensore di parte civile per la famiglia Stefani, nel corso del processo a carico dell'ex comandante della polizia locale di Anzola Emilia (Bologna), accusato dell'omicidio della giovane collega. La donna è morta il 16 maggio 2024 in seguito a un colpo partito dalla pistola di ordinanza di Gualandi nell'ufficio dell'uomo presso il comando di Anzola. Nel contratto, è stato riferito in aula, Gualandi si "autodefiniva padrone, colui che tutto può sulla sua schiava".

"Il contratto era un gioco"

 Il contratto di sottomissione è stato ispirato dall'11esimo capitolo del libro "Cinquanta sfumature di grigio", uno dei successi editoriali del 2011. "Ci sono siti da cui si possono scaricare contratti di questo tipo. Era un gioco, non ha nessuna validità, nessuna efficacia giuridica, nessuna possibilità di condizionare comportamenti. Nella vita sessuale gli adulti possono fare quello che vogliono", ha spiegato l'avvocato Claudio Benenati, uno dei difensori di Giampiero Gualandi. Anche l'altro difensore di Gualandi, il legale Lorenzo Valgimigli, ha avvisato la Corte d'Assise, rivolgendosi ai giudici, di fare attenzione "a chiunque cerchi di tirarvi per la giacca su pregiudizi di tipo morale". In quel contratto "i protagonisti sono un comandante e un agente, si colloca tutto nel contesto lavorativo di Sofia Stefani", ha sottolineato poi l'avvocato Speranzoni.

La pm: "Gualandi prigioniero delle sue bugie"

  Nei giorni che condussero all'omicidio, Gualandi "si trovava prigioniero di un castello di menzogne da lui stesso costruito". Lo ha detto la procuratrice aggiunta di Bologna Lucia Russo, intervenendo nell'aula della Corte d'Assise per sostenere le richieste di prove nel processo sull'omicidio dell'ex vigilessa. L'imputato, per la prima volta presente in aula, ha sempre sostenuto l'ipotesi dell'incidente, uno sparo esploso per errore durante una colluttazione. "Ma come si vedrà dalle consulenze tecniche - ha detto sul punto la pm Russo - sull'arma non sono state trovate tracce né biologiche né dattiloscopiche di lei, ma solo dell'imputato". Nel ricostruire "la tormentata relazione" tra i due, la pm ha ricostruito come questa fosse fortemente squilibrata per l'età e per la vulnerabilità della Stefani, "fino al tragico epilogo". Un rapporto che si interruppe per pochi giorni a fine aprile 2024, a seguito della casuale scoperta della moglie di Gualandi, ma l'uomo, ha detto la pm, invece che ammettere i fatti e assumersi le proprie responsabilità si inventò che era conclusa da tempo e che era la giovane donna che continuava a perseguitarlo. Secondo la Procura la relazione riprese a pochi giorni di distanza, "nella piena inconsapevolezza della moglie". "Nella fase che precede l'omicidio, Gualandi assume comportamenti di assoluta doppiezza, mandando alla Stefani messaggi confermativi del rapporto affettivo e sessuale mentre alla moglie, negli stessi minuti, scriveva di essere tormentato da Stefani". In questo senso sarebbe quindi stato prigioniero del "castello di menzogne".

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