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Celebrate nel piccolo borgo irpino le esequie del ragazzo che era alla guida dell'auto che sabato scorso si è schiantata a forte velocità contro un muretto di cemento nell'Avellinese. Il giovane è stato seppellito insieme ad altri due dei tre coetanei morti nello schianto
di Fabrizio Filippone© Tgcom24
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La cattedrale di Santa Maria Assunta non ce la fa a contenere tutta la gente che è venuta a Frigento, piccolo borgo irpino, per salutare per l'ultima volta Francesco Di Chiara, vent'anni appena, morto in un devastante incidente stradale sabato scorso, insieme ad altri tre coetanei. Dopo lo schianto contro un muro, a bordo della potente Mercedes Amg guidata proprio da Francesco, per i quattro amici, che avevano trascorso insieme un sabato sera di festa, non c'è stato scampo.
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"Non ci sono addii per noi, ovunque tu sia, sarai sempre nel nostro cuore!", c'è scritto su decine di magliette bianche indossate dagli amici di Francesco e anche dal papà del ragazzo, Lello, che in chiesa stringe a sé la moglie, Mena, distrutta da un dolore immenso. Lo stesso dolore di un'intera comunità, tra il silenzio irreale di un afoso sabato di luglio, tranciato di tanto in tanto dagli applausi e dalle lacrime di due ali di folla.
In mezzo, nelle vie del paese, avanza la bara bianca. Coperta di fiori, portata a spalla dagli amici di sempre, che si danno il cambio. Il corteo arriva in cattedrale dove altra gente aspetta per salutare Francesco per l'ultima volta. Per chi non è riuscito a entrare in chiesa, all'esterno, scorrono le immagini della funzione funebre, su un maxi-schermo.
Vicini alla bara, sconvolti dal dolore straziante, papà Lello, mamma Mena, il fratello più grande di Francesco, Antonio, gli zii Pino e Maurizio Di Chiara, e tanta, tantissima gente. Don Pietro Bonomo è rimasto vicinissimo alla famiglia Di Chiara per tutti questi giorni di lutto, affidando alle parole più affettuose che ha saputo trovare, il compito di mantenere vivi e presenti l'amore e il ricordo di Francesco. Per cercare di asciugare le lacrime disperate di due genitori che hanno perso in quel modo un figlio di vent'anni. Un'impresa titanica, quella di un prete, sostenuta da tutto il paese di Frigento, che si stringe intorno alla famiglia Di Chiara quasi a "soffocarla d'amore", perché solo "l'amore di Dio e dei fratelli può sconfiggere la morte - dice Don Pietro - anche quando tutto sembra perduto e inaccettabile, di fronte a tragedie come questa". Dal pulpito il parroco di Frigento si affida a un passo dei "Promessi sposi" di Alessandro Manzoni, tratto dall' "Addio ai monti": "Dio non turba mai la gioia de’ suoi figli, se non per prepararne loro una più certa e più grande".
Poi tocca ai ragazzi di Frigento, anche loro hanno finito le lacrime ma trovano il coraggio che serve per non lasciare da solo Francesco fino all'ultimo momento. La Cattedrale di Santa Maria Assunta ha un unico cuore che batte quando Mariapia Sasso, compagna di scuola e coetanea di Francesco attraversa il transetto e legge dal suo cellulare le parole che ha dedicato a Francesco:
Ciao Francè, nessuno di noi avrebbe mai immaginato che questo giorno sarebbe arrivato così all'improvviso e che saremmo stati qui a ricordare insieme la bella persona che eri, il tuo coraggio e la tua determinazione, il tuo entusiasmo e la tua forza, la tua grinta e la tua allegria, la tua generosità e il tuo altruismo. Nessuno avrebbe mai pensato che saresti diventato un angelo prima di tutti noi e senza avvisarci soprattutto. Qui mancherai a tutti, ai più grandi e ai più piccoli, agli amici di sempre e a quelli conosciuti da poco.
Mancherà soprattutto la tua sincerità, il tuo modo di vedere la vita. Mancherà di te il tuo essere amico. Mancheranno i tuoi scherzi, come faremo a dimenticarli? Custodiamo con gelosia i nostri ricordi, i nostri regali, le nostre conversazioni.
Ricorderò le tue attese risposte alle mie infinite domande.
I tuoi "amore mì" ogni volta che mi vedevi, chi li dimentica più?
Ti ricordi quando eravamo piccoli e venivi a prendermi con il motorino di non so chi? Ecco, fallo ancora! Vieni a prendermi nei sogni più profondi, così che potrai raccontarmi tutte quelle cose che mi raccontavi allora e anche quello che stai facendo in questi giorni, lo sai, io sono curiosa.
Vediamoci ancora, così che posso elencarti quali sono gli ingredienti di quel piatto che stai mangiando.
So che ci stai guardando e ci stai ascoltando, e, chissà quante risate ti stai facendo. Mi piace pensarla così. E quindi ti chiedo di farlo per sempre, non lasciarci mai.
Vieni ancora a salutarmi la domenica. Io ti aspetto lì. Ti chiedo di stare accanto ai tuoi genitori, accanto a tuo fratello. Per sempre!
Vola in alto, Francè.
La commozione, l'amore, la disperazione, i ricordi, le emozioni, il dolore, si tagliano a fette nelle tre navate della storica Cattedrale frigentina. Ma è tempo di andare, mentre Don Pietro con l'aspersorio e l'incenso benedice per l'ultima volta Francesco nella sua bara bianca. Nell'aria risuonano le note e la voce di Giorgia che canta "Gocce di memoria", volano velocemente nel cielo azzurro di un luglio forse mai così caldo e forse mai così "ingiusto", qui, sul cucuzzolo dei 911 metri di Frigento, decine di palloncini bianchi e verdi, come il colori dell'Avellino calcio, la squadra di casa.
Poi il corteo si ricompone e inizia l'ultimo viaggio di una ragazzo di vent'anni che amava la vita e che come tutti i ragazzi della sua età voleva divorarla. Un ragazzo solare, sorridente, amico di tutti e benvoluto da tutti. Un viaggio che si conclude in una fredda tomba del cimitero di Sturno, l'altro borgo lì a due passi, una volta casale di Frigento. Nell'ultimo atto d'amore per Francesco, papà Lello e mamma Mena non lo hanno voluto strappare all'affetto di Roy e Mattia, due degli amici del gruppo morti insieme a lui nello schianto e seppelliti solo ieri lì a Sturno, loro paese natio. Un atto anche di generosità dei genitori di Francesco, che hanno deciso così, perché da genitori sanno che i ragazzi sono fatti così: vogliono stare sempre insieme, anche da morti, senza barriere, senza confini territoriali, senza paura, senza rumore.
"Certo, morire a vent'anni fa incazzà!" fa dire Luigi Magni a Cesarino, il ragazzo protagonista de "In nome del Papa Re", con Nino Manfredi, che nelle vesti di Monsignor Colombo da Priverno aggiunge, in romanesco, mentre benedice quel ragazzo che sta morendo: "I ragazzi morono sempre a vent’anni pure quanno nun morono".
Ciao Francesco, Frigento non si dimenticherà né di te né dei tuoi tre amici. Morti a vent'anni in una calda sera di luglio, mentre stavate andando a mangiare un gelato. Poi un sorpasso, le ruote che stridono e graffiano l'asfalto nella notte, lo schianto, poi più nulla.