lettera a "pomeriggio cinque"

Delitto di Pordenone, la fidanzata di Giosuè: "Vivo un incubo"

Rosaria, la 24enne di Somma Vesuviana (Napoli) indagata con Ruotolo per il duplice omicidio di Teresa Costanza e Trifone Ragone, ha preso carta e penna per confessare il suo stato d'animo a Barbara d'Urso

22 Gen 2016 - 20:03
 © facebook

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"Vivo in un incubo più grande di me", scrive Rosaria Patrone, la 24enne universitaria di Somma Vesuviana (Napoli), indagata insieme al fidanzato Giosuè Ruotolo per il duplice omicidio dei fidanzati Teresa Costanza e Trifone Ragone, uccisi a colpi di pistola il 17 marzo 2015 a Pordenone, in una lunga lettera indirizzata a Barbara d'Urso. Il testo, fatto arrivare tramite il suo avvocato e che di seguito riportiamo in versione integrale, viene letto nel corso di "Pomeriggio Cinque". E' la prima volta che la giovane parla della sua situazione, da quando è entrata nelle indagini.

Cara Barbara,
sono Mariarosaria Patrone, oggi mio malgrado indagata per una orribile vicenda avvenuta a Pordenone, a mille chilometri da dove vivo io.

Ho deciso di scriverti questa lettera perché ho visto che tu a differenza di tantissimi altri giornalisti hai affrontato questa vicenda con serenità e senza pregiudizi, sono una qualunque ragazza di 24 anni, che fino a ieri viveva la sua vita in tranquillità, dedicandosi allo studio e alla famiglia.

Oggi, improvvisamente mi trovo catapultata in una vicenda più grande di me, in un incubo inspiegabile, colpita da accuse infamanti che non auguro al mio peggior nemico… ( che ti posso assicurare, non ho). Vivo notti da incubo, svegliandomi di soprassalto, sperando che si sia trattato di un brutto sogno: purtroppo così non è e continuo a trascorrere giorni bui che posso solo sperare finiscano quanto prima.

Non ho più amici, quelli che avevo mi evitano con cura, le persone che incontro, anche sconosciuti, mi additano con morbosa curiosità, facendomi sentire un mostro; sono stata giudicata e condannata già prima di entrare quale indagata in questo processo eppure avevo appreso attraverso i miei studi universitari – frequento con discreto profitto l'ultimo anno della facoltà di Giurisprudenza - che per essere ritenuta colpevole dovevo essere condannata dopo ben tre gradi di giudizio. Le mie foto, mio malgrado, sono ovunque.

Chi mi ridarà la mia serenità, il mio anonimato, il mio essere una ragazza qualunque? Magari volevo essere additata per le mie capacità professionali, non certo per un caso di cronaca nera. Sono sicura che tu, donna e mamma, possa capirmi, anche perché non vedo in te un giornalista, innocentista o colpevolista poco importa che si esercita sulla mia pelle, ma al contrario una persona che si limita a riportare i fatti senza volermi per forza giudicare. Vedo che da più parti addirittura si meravigliano che non abbia ancora lasciato Giosuè : perché dovrei farlo? Cosa mi rimarrebbe? Se un giorno dovesse accadere sarà perché il nostro amore sarà finito e non certo perché oggi io possa avere dei dubbi.

Sono certa della sua innocenza, vorrei solo essere lasciata in pace.
Scusami se ti lascio, sono stanca.
Con affetto, Rosaria

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