Numerose le perquisizioni domiciliari in diverse città italiane, tra cui Napoli, Milano, Modena, Padova, Treviso e Udine
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Costringevano professionisti e imprenditori, attraverso minacce e intimidazioni, a rinunciare a ingenti crediti, per favorire gli interessi del clan camorristico dei Casalesi. Con l'accusa di estorsione aggravata dal metodo mafioso, sette persone sono state arrestate a Trieste. Numerose le perquisizioni domiciliari in tutta Italia: Napoli, Milano, Modena, Padova, Treviso e Udine.
Gli arrestati devono rispondere di aver partecipato, a vario titolo, ad estorsioni commesse in Croazia e pianificate in Italia ai danni di imprenditori e professionisti, alcuni dei quali italiani e operanti a Pola, attraverso minacce ed intimidazioni, e perciò con metodo mafioso-finalizzate a favorire gli interessi del clan camorristico dei Casalesi. In totale sono 13 le persone indagate.
Nel corso delle attività investigative, sviluppate su personaggi degli ambienti della criminalità organizzata di stampo camorristico, sono emersi numerosi elementi che hanno spinto a ritenere che Gaiatto (presunto intermediario finanziario di Portogruaro, attualmente detenuto a disposizione della magistratura friulana) avesse investito circa 12 milioni di euro appartenenti a consorterie criminali riconducibili ai Casalesi. Gaiatto avrebbe allestito un complesso sistema per investire illecitamente i capitali utilizzando diverse società con sede in Croazia, Slovenia, Gran Bretagna.
Le autorità croate, nei primi mesi del 2018, sulla base di denunce acquisite da un professionista croato ed accogliendo le istanze di altri creditori, hanno pignorato i conti correnti delle società facenti capo a Gaiatto e disposto il blocco finanziario, impedendogli di restituire quanto investito dal clan.
L'acuirsi del dissesto finanziario di Gaiatto e le contestuali pressanti esigenze dei sodali campani di rientrare in possesso delle ingenti somme impegnate, hanno condotto i membri del clan a mettere in atto varie condotte estorsive nei confronti di numerosi professionisti, italiani e croati.
In questo contesto è emerso il ruolo iperattivo di soggetti riconducibili ad organizzazioni camorristiche i quali hanno assunto la tutela di Gaiatto, garantendogli una sorta di protezione da eventuali attività ritorsive dei creditori, esasperati per il mancato rientro dei capitali investiti, assicurandogli la loro costante presenza nella sua abitazione o accompagnandolo in occasione dei suoi spostamenti.
Gli arrestati, ed altri sodali indagati, con la forza intimidatrice del vincolo associativo e delle condizioni di assoggettamento e di omertà che ne derivavano, hanno costretto le vittime a rinunciare ai crediti vantati nei confronti di Gaiatto, inducendole anche a cedere a quest'ultimo beni mobili e immobili senza alcun corrispettivo, nonché a fare consistenti prestiti che poi avrebbero dovuto far confluire sul conto di società del faccendiere Gaiatto.
Numerosi gli episodi estorsivi emersi, che non solo hanno evidenziato la determinazione a delinquere degli arrestati, ma anche i consistenti interessi economici in gioco, un giro di affari di decine di milioni di euro. Decine le perquisizioni nei confronti di altre persone, indagate a vario titolo, tra cui diversi personaggi che hanno aiutato Fabio Gaiatto ad eludere le investigazioni dell'autorità giudiziaria triestina.