Nell'ottobre del 2013 gli avevano dato venti giorni di vita, invece lottava contro il tumore al pancreas che l'ha colpito da 10 anni
Andrea Spinelli, il viandante siciliano di nascita ma pordenonese d'adozione che da dieci anni lottava contro un tumore al pancreas, è morto all'Hospice del Cro di Aviano (Pordenone). Ha raccontato la sua battaglia in una serie di libri di successo, "Se cammino, vivo"; "Il caminante"; "Camminatore, pellegrino e viandante", in cui narrava di come il movimento quotidiano - che lo ha portato ad attraversare, a piedi, l'Italia e molte nazioni europee - lo avesse aiutato a tenere a bada la sua patologia, per la quale i medici gli avevano dato la prospettiva di vita di poche settimane. Una battaglia per la quale era stato ribattezzato il Forrest Gump contro il cancro.
Spinelli, originario di Catania, aveva 50 anni. Il tumore che gli era stato diagnosticato era inoperabile. "Nell'ottobre del 2013 mi avevano dato venti giorni di vita - soleva ripetere -. Da allora ho fatto oltre 2 anni di chemio che avrebbero steso chiunque. Ma io non mi arrendo". Quando gli avevano detto che gli mancava meno di un mese, aveva deciso, infatti, di godersi appieno ogni istante e iniziato a spostarsi soltanto a piedi. Un giorno dopo l'altro, senza programmi. E quando ha visto che "la bestia", come l'aveva soprannominata, non avanzava, ha fatto del movimento fisico il suo pane quotidiano. Il camminare è diventata la sua vita. E non si è fermato più. Nei primi anni è riuscito a girare mezza Europa a piedi.
"Ho percorso 18mila chilometri (tutti documentati in un blog, ndr), trenta milioni abbondanti di passi e, mi dicono, sono un caso clinico unico al mondo", raccontava nel 2020. La pandemia e le restrizioni agli spostamenti lo hanno confinato a Claut, in Valcellina, in provincia di Pordenone. Ma quattro mura non erano più una cosa per lui: così ha venduto l'appartamento e ha acquistato un camper - "Tano il Gabbiano" l'ha chiamato - e lì ha vissuto con la moglie, che lo ha assistito fino all'ultimo istante.
"Sono arrivato fino all'oceano a piedi e ho un cancro inoperabile - si legge in "Se cammino, vivo" -. L'ho gridato davanti all'Atlantico e l'oceano mi ha risposto. Mi ha detto: 'Sei un pazzo, ma non ti fermare'. Il Cammino di ogni malato inizia dal momento in cui è diagnosticata la malattia; poi tocca a noi, solo a noi decidere in che direzione andare, non importa la strada che si fa o dove si va, ma come. Qualcuno l'ha detto molto prima di me: ogni cammino inizia con il primo passo". "La parola cancro fa paura, ma non deve essere un tabù - è il testamento che ha lasciato alla comunità - Scoprire la malattia mi ha paradossalmente permesso di capire quali fossero i veri valori dell'esistenza. E mi sono goduto ogni attimo residuo".