Il procuratore egiziano che segue il caso: "Le unghie e le orecchie prelevate dai medici per esami". "Investigatori italiani? No, indago io"
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Giulio Regeni "è morto non più tardi delle 24 ore precedenti il ritrovamento del suo corpo, la mattina del 3 febbraio. Quindi è morto in un lasso di tempo compreso tra il 2 e il 3". Lo ha detto il procuratore aggiunto di Giza Hassam Nassar, che sta dirigendo le indagini sulla morte del ricercatore friulano. "Le violenze che ha subito sono state inflitte tutte in un'unica soluzione, tra le 10 e le 14 ore precedenti la sua morte", ha aggiunto.
"Unghie e orecchie prelevate per esami" - Nell'intervista a Repubblica.it il procuratore ha parlato anche di "equivoco" in relazione alle sevizie e alle torture cui sarebbe stato sottoposto Regeni. "Sulle unghie e alle lesioni alle orecchie si è creato un equivoco - ha spiegato -, sono stati i medici legali egiziani ad asportare le une e le altre per poter effettuare esami accurati. Nel caso delle unghie si voleva verificare se contenessero tracce che potevano far risalire o dimostrare una colluttazione". Quanto alle bruciature, "sono tutte concentrate sulla spalla sinistra. Ma, francamente, i nostri medici non sono stati in grado di dirci quale possa esserne l'origine".
Particolare inedito sul giorno della scomparsa - Nassar ha poi rivelato un particolare finora inedito relativo al giorno della scomparsa. "Alle 19.38 della sera del 25 gennaio Giulio Regeni era all'interno della stazione della metropolitana di El Behoos (quella vicino casa, ndr) perché, come abbiamo stabilito in questi ultimi giorni con un accertamento tecnico, a quell'ora la sua utenza cellulare si connette ad internet mentre è all'interno della metro".
"Non venne sequestrato all'interno della metro" - Questo per il procuratore significa che "sicuramente non è stato sequestrato nel tragitto da casa alla metro, e non è stato sequestrato neppure all'interno della metropolitana perché a quell'ora, con tutta quella gente, qualcuno lo avrebbe notato". Non ci sono però immagini a conferma. "Quelle immagini non le abbiamo perché a distanza di tempo si sono autocancellate, come del resto quelle dei negozi della zona".
"Investigatori italiani? No, indago io" - Il magistrato, infine, ha affermato di aver chiesto alle autorità italiane di poter interrogare "il migliore amico di Giulio" che avrebbe frettolosamente lasciato l'Egitto l'8 febbraio. "A nostro avviso può darci delle informazioni chiave per arrivare alla verità, pensiamo che la sua testimonianza sia per noi molto importante". "Siamo in attesa di una risposta", ha detto, anche se da parte sua non sembra ci sia molta voglia di collaborare con le autorità italiane presenti a Il Cairo": "L'inchiesta la conduco io. E la polizia egiziana. Con la magistratura italiana scambiamo informazioni".