L'allora ministro dell'Interno rivela di aver rifiutato le sue dimissioni. E l'attuale capo della polizia: "Quell'evento fu una catastrofe. Morì un ragazzo e ci furono violenze. La nottata non è mai passata"
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"Se fossi stato Gianni De Gennaro mi sarei assunto le mie responsabilità, senza se e senza ma. Mi sarei dimesso. Per il bene della polizia". E' l'attuale capo della polizia, Franco Gabrielli, a dirlo in un'intervista a "Repubblica", in merito ai fatti del G8 di Genova, 16 anni fa, quando Di Gennaro era appunto capo della polizia.
Ricordando il caso di Bolzaneto, poi, "lo dico chiaro, lì ci fu tortura". Ma "se fu una catastrofe", aggiunge, "non ci sara mai più una nuova Genova: questo tempo non è passato invano. La nostra istituzione è sana, non deve temere leggi e controlli".
Scajola: "De Gennaro si dimise ma io non volli" - Claudio Scajola, che all'epoca era ministro dell'Interno, inteviene però per dire che in effetti De Gennaro le dimissioni le presentò e fu lui a respingerle. "La mattina successiva alla fine del G8 di Genova - ricorda l'allora inquilino del Viminale -, il capo della polizia Gianni De Gennaro venne da me e mi presentò le sue dimissioni. Io le rifiutai, convinto, allora come oggi, che in quei momenti, assai delicati per la tenuta del Paese, le dimissioni del capo della polizia sarebbero state destabilizzanti per le istituzioni". E sulla posizione di Gabrielli aggiunge: "Con il senno di poi è troppo facile fare analisi".
Gabrielli: "Serve un punto" - Ci furono violenze su persone che non avevano nessuna colpa, continua, morì un ragazzo "ed era la prima volta dopo gli anni della notte della Repubblica che si tornava a essere uccisi in piazza", e la ferita è ancora aperta. Gabrielli sottolinea infatti che, se "tutto questo ancora oggi è motivo di dolore, rancore, diffidenza, beh, allora vuol dire che, in questi sedici anni, la riflessione non è stata sufficiente. Né è stato sufficiente chiedere scusa a posteriori. Dopo dieci anni e dopo le sentenze di condanna definitive per la Diaz e Bolzaneto. Se infatti ciclicamente e invariabilmente si viene risucchiati a quei giorni, se il G8 di Genova è diventato un benchmark cui si è condannati a restare crocefissi, questo vuol dire non solo che non è stato messo un punto. Ma, soprattutto, che il momento di mettere questo punto è arrivato. Per non continuare a dover camminare in avanti con lo sguardo rivolto al'indietro".
"Nessuna magistratura ideologizzata" - "E' falso che nell'accertamento della verità giudiziaria abbia influito una magistratura ideologizzata. I magistrati hanno lavorato con imparzialità", assicura Gabrielli. La gestione dell'ordine pubblico in quei momenti "fu semplicemente una catastrofe. E per una somma di fattori. Per la scelta di esautorare la questura di Genova, per la struttura urbanistica che rendeva tutto più complicato, perché si scommise sulla capacità dei disobbedienti di governare e garantire per l'intera piazza. A Genova saltò tutto, dall'inizio. Fino alla scelta esiziale dell'irruzione nella Diaz".
"Illudendosi - continua - che un'irruzione di quel genere avrebbe garantito di acquisire anche prove per processare i responsabili. Peccato che il codice di procedura penale avrebbe reso quell'operazione, ancorché non fosse finita come è finita, carta straccia. Ma soprattutto, peccato che i processi penali non abbiano potuto scrivere una parola decisiva. Né sulla Diaz, né su quanto accaduto complessivamente in quei giorni".
Insomma, per Gabrielli non è mai stato "colmato lo spread fra responsabilità sistemica e responsabilità penale. Quello che ha fatto sì che alcuni abbiano pagato e altri no". Il capo della polizia è convinto che "l'arrocco di De Gennaro e le sue mancate dimissioni" abbiano contribuito con forza "a quel clima di omertà, di dissimulazione nel percorso di accertamento della verità sul G8, che ha allargato il solco tra la polizia e una parte significativa dell'opinione pubblica". "Facendo perdere di vista la verità", sottolinea Gabrielli. "Che la polizia italiana è sana". A quella polizia "io posso solo dire che del loro lavoro sarò io il primo a rispondere. Perché non ci sarà una nuova Genova. Questi 16 anni non sono passati inutilmente".