Giacomo Bozzoli, la fuga prima della sentenza: tutte le tappe
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La procura di Brescia, che attraverso rogatorie ha chiesto l'acquisizione delle immagini, aspetta di visionare il filmato acquisito dalla polizia spagnola
La polizia spagnola ha riferito alle autorità italiane di avere i fotogrammi di un video delle telecamere interne di un resort di Marbella in cui si vedrebbe Giacomo Bozzoli, ripreso il 30 giugno. Le immagini sono state mandate in onda dal Tg1. La procura di Brescia, che attraverso rogatorie ha chiesto l'acquisizione delle immagini, aspetta di visionare il filmato. Si tratterebbe della prima prova concreta dopo le parole della receptionist dello stesso resort spagnolo che alle forze dell'ordine ha detto di aver riconosciuto il 39enne bresciano latitante da una settimana, condannato all'ergastolo per omicidio dell'imprenditore svanito nel nulla l'8 ottobre del 2015 all'interno della sua fonderia di Marcheno.
L'Interpol che coordina la rogatoria della magistratura italiana che dà la caccia al latitante, condannato in via definitiva all'ergastolo per l'omicidio dello zio Mario, il cui cadavere venne incenerito nell'altoforno dell'azienda di famiglia in provincia di Brescia, ha esteso le ricerche anche in sud America, dove l'uomo potrebbe essersi rifugiato sotto falsa identità con un passaporto contraffatto.
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Le indagini della procura di Brescia e dei carabinieri si muovono su un doppio binario, su quello internazionale per la cattura di Bozzoli sia su quello nazionale, nella criminalità dell'est, dove si cerca di scoprire chi potrebbe aver fornito a Bozzoli il passaporto falso con cui espatriare. La lente d'ingrandimento degli investigatori è puntata anche sul giro dei rottamai di etnia sinti che si rivolgevano a Bozzoli per fondere l'ottone e che potrebbero avergli procurato il documento falso. L'imprenditore, secondo gli inquirenti, avrebbe la forza economica di vivere da latitante all'estero.
Tra le ipotesi sui luoghi in possa essere Bozzoli, c'è anche quella dei paradisi fiscali: da Capo Verde, all'Africa fino alla vicina Svizzera dove l'imprenditore - che anche a processo non ha mai nascosto di maneggiare molto "nero" per via del lavoro nel campo dei metalli ferrosi - potrebbe aver trasferito capitali nell'arco degli ultimi nove anni. Costruendosi un tesoretto da sfruttare per rimanere lontano dall'Italia. E dal carcere a vita che lo attende dopo la condanna definitiva pronunciata dalla Cassazione il primo luglio.