Sul cadavere di Gino Panaiia non sono stati trovati evidenti segni di violenza, ma si attende l'esito dell'autopsia per fare chiarezza sull'accaduto
© Ansa
Resta avvolto nel mistero il caso di Gino Panaiia, il 25enne scomparso la notte di Halloween nel Milanese e ritrovato senza vita nelle acque del Naviglio Grande, a sud del capoluogo lombardo. Molti interrogativi sul suo destino sono ancora senza risposta. Sul cadavere non sono stati trovati evidenti segni di violenza, ma è ancora troppo presto per escludere un contesto violento nella morte. Solo dopo l'autopsia si potranno avere delle certezze sul decesso. Dopo l'esame autoptico si potrà definitivamente escludere (o avallare) la presenza di lesioni compatibili con un'aggressione.
Il 25enne risiedeva a Zibido anche se la famiglia è originaria del quartiere Barona di Milano. Il cadavere è stato recuperato dai vigili del fuoco in un tratto del Naviglio tra Casarile (Milano) e Rognano (Pavia). E se i tatuaggi avrebbero permesso una sua identificazione quasi sin da subito, le condizioni del corpo in acqua, per quanto definite 'buone', ostacolano però oggettivamente le valutazioni a occhio nudo.
Gli aspetti da chiarire restano però molti. A partire da quel borsone griffato trovato nei pressi della cascina dove si sono perse le tracce del giovane, a Zibido San Giacomo (Milano). Al suo interno i carabinieri hanno trovato 20 chili di eroina e un cellophane con altri 1.100 grammi. C'è un collegamento con la morte di Gino o si tratta di una pura coincidenza? Tra le prime ipotesi non si escludeva un regolamento di conti. Ma gli uomini del Nucleo investigativo, al momento, non hanno trovato punti di contatto.
La notte tra giovedì e venerdì il venticinquenne aveva trascorso la serata con gli amici in un locale a Zibido ed era stato ripreso dalle telecamere del locale per l'ultima volta in piena notte mentre si allontanava sul suo scooter - visto cadere più volte - in stato di ebbrezza, e per questo anche seguito da amici per parte del tragitto.
Il tragitto di quella notte resta un altro elemento da chiarire. In una breve telefonata alla fidanzata aveva detto: "Sono nei campi". Una strada accidentata, forse presa per evitare i controlli. Il telefono aggancia la cella nella zona della località Cascina Casiglio e proprio lì i carabinieri trovano il mezzo, ai margini di un campo con il frontalino quasi divelto, ma nessun altro grosso segno di incidente. Il casco bianco era 20 metri più in là. Il giubbotto e una scarpa, una sola, erano invece a 500 metri di distanza, lungo la strada che porta all'ingresso della cascina. Poi è stato trovato il portafogli, ma non il telefonino.