In Italia a 9 anni dall'Albania, dopo i primi mesi trascorsi in Stazione Centrale a Milano, la svolta della vita: si appassiona agli impasti e diventa pizzaiolo. "Il mio portafortuna? Proprio la stecca con cui da 10 anni separo i panetti da stendere", dice
di Gabriella Persiani© Ufficio stampa
"Lievito e farina la mia salvezza": nella Giornata Mondiale della pizza, ecco come questo piatto, molto apprezzato nel mondo, può anche diventare motivo di riscatto. E' la storia di Endrit Rustemi, pizzaiolo di origine albanese residente a Brescia, e della sua inseparabile "stecca". Nato a Fier, in Albania, nel 1991, Endrit è arrivato in Italia a 9 anni con la mamma e due sorelle. I primi mesi li trascorre a Milano dormendo alla Stazione Centrale; poi, per intervento dei servizi sociali, va a vivere in una comunità minorile di Brescia, dove cresce e si forma fino alla maggiore età. Subito dopo l'incontro con la sua prima pizza. E, sedotto dagli impasti, inizia, a soli 17 anni, l'attività di pizzaiolo, fino all'apertura di un locale tutto suo a Brescia, dopo aver lavorato per diverse insegne anche a Milano, Bergamo e altre città italiane. Ora, a 33 anni e padre di due figli, a Tgcom24 racconta la sua storia d'amore con la pizza e con quella "stecca", la spatola, cioè, con cui si prendono i panetti lievitati per stenderli, dalla quale ormai da 10 anni non si separa mai. E, anche se nel tempo ha dovuto ripararla più volte, la considera il suo "portafortuna".
La pizza le ha davvero cambiato la vita?
"Sì, l'ha salvata a me come spesso accade a tanti che si avvicinano al mondo della ristorazione, un mondo che permette la rivincita, il riscatto sociale".
Ma come è diventato pizzaiolo?
"Penso fosse destino, perché fin da bambino, in Albania, con mia nonna, amavo preparare quelle zeppoline che allora potevamo permetterci, in una situazione molto difficile. E mi sono subito innamorato di quegli impasti, di quei profumi, gli stessi che ho ritrovato e ritrovo ogni giorno nella pizza. Poi l'opportunità del primo lavoro, dopo 8 anni di comunità per minori, proprio in una pizzeria. Un'esperienza professionale che mi ha segnato per sempre. Ma da bambino non pensavo certo di fare da grande il pizzaiolo. Probabilmente perché non avevo la possibilità neanche di pensarci al mio futuro, in quei giorni".
Ricorda il suo primo "incontro" con la pizza?
"Sì, qui in Italia. Riconoscevo in quel piatto i profumi e i sapori che sentivo con mia nonna. E' stato un tuffo nel passato, nella cucina dell'infanzia, così me ne sono subito innamorato. E super innamorato ne sono tuttora".
Ma qual è il segreto di una buona pizza? E quello della sua di pizza, in particolare, può svelarcelo?
"L'impasto della pizza di per sé è molto semplice. Certo, a livello professionale, ci sono studi dietro impasti, prodotti, farine, ma a mio avviso bisogna lavorare sempre sulla semplicità, perché la semplicità è sempre la cosa più difficile da realizzare. Il segreto della mia pizza? Materie prima di alta qualità e basilare è la farina dell'impasto. Il mio è 62-65% di idratazione; poi 24-35 ore di lievitazione a temperatura ambiente, perché non amo il frigo. Ma soprattutto uso unicamente farina di grano tenero più Nobligrano in rapporto 70/30. Infine, nella stesura, semola di grano duro rimacinata grossa così da dare più croccantezza. Tutte farine studiate appositamente per me dal mulino dal quale mi rifornisco. Così ritrovo i vecchi sapori in un impasto molto semplice, ma vince sul prodotto finale".
Qual è la sua pizza preferita? Qual è quella più richiesta nel suo menù?
"La mia preferita è la marinara. Una pizza di per sé semplice, come è mio stile. E anche la margherita. La più richiesta dai miei clienti? La margherita è sempre la regina".
E il suo portafortuna?
"La stecca. Guai a chi la tocca: è rovinata, è attaccata con il nastro isolante, ma non me ne separo mai. Se non la vedo in giro, mi agito, è sempre con me. Perché è il regalo del mio maestro, un vecchio pizzaiolo che mi ha insegnato tutto. Gliela portavo sempre via, proprio perché era la sua e alla fine l'ho ereditata".
Se non avesse fatto il pizzaiolo, chi sarebbe oggi Endrit?
"Me lo chiedo sempre anche io. Non ho mai fatto altri lavori nella vita. Posso continuare e provare ancora nel mondo della ristorazione, della pasticceria. Mi piace sperimentare, ma voglio sempre avere 'le mani in pasta'".