Nelle motivazioni della condanna all'ergastolo, la Corte d'Assise di Venezia esclude l'aggravante, sottolineando "l'inesperienza e l'inabilità" del 23enne. L'aggressione mortale è durata circa 20 minuti e Giulia "ha percepito che stava morendo"
Filippo Turetta ha mantenuto "lucidità e razionalità" dopo aver ucciso Giulia Cecchettin, con la "chiara e innegabile volontà di nascondere il corpo in modo quantomeno da ritardarne il ritrovamento". È quanto hanno scritto i giudici della Corte d'Assise nella motivazione della condanna all'ergastolo per il 23enne, definendo "accurata" l'operazione di occultamento del cadavere. Per i magistrati, il fatto che Turetta abbia inferto 75 coltellate alla giovane non sarebbe stato "un modo per crudelmente infierire o per fare scempio della vittima", ma "conseguenza della inesperienza e dell'inabilità" del condannato.
"La scelta del luogo in cui abbandonare il cadavere, la distanza rispetto alla zona in cui si è consumato il delitto e le modalità in cui il corpo è stato lasciato" sono dettagli che fanno ritenere "integrati sia l'elemento oggettivo sia quello soggettivo del reato".
La dinamica dell'omicidio di Giulia Cecchettin non permette inoltre di "desumere con certezza, e al di là di ogni ragionevole dubbio", che Filippo Turetta volesse "infliggere alla vittima sofferenze gratuite e aggiuntive". E "non è a tal fine valorizzabile, di per sé, il numero di coltellate inferte". In questo modo la Corte d'Assise di Venezia ha escluso l'aggravante della crudeltà per la condanna all'ergastolo del 23enne.
Esaminando la videoregistrazione delle fasi dell'omicidio, il collegio giudicante ha osservato colpi ravvicinati, rapidi e "quasi alla cieca". Quindi tale dinamica, "certamente efferata, si ritiene non sia stata dettata, in quelle particolari modalità, da una deliberata scelta dell'imputato". Il 23enne, per i giudici, "non aveva la competenza e l'esperienza per infliggere sulla vittima colpi più efficaci, idonei a provocare la morte della ragazza in modo più rapido e pulito", così ha continuato a colpire fino a quando si è reso conto che Giulia "non c'era più". Ha dichiarato di essersi fermato "quando si è reso conto che aveva colpito l'occhio. 'Mi ha fatto troppa impressione', ha dichiarato".
Considerata la dinamica complessiva, i giudici non hanno ritenuto "la coltellata sull'occhio sia stata fatta con la volontà di arrecare scempio o sofferenza aggiuntiva". Anche i punti delle ferite causate dalle coltellate "appaiono frutto di azione concitata, legata all'urgenza di portare a termine l'omicidio". Per questo motivo non sarebbero un elemento "significativo della sussistenza, in capo all'imputato, di volontà di voler infliggere in danno della vittima sofferenze aggiuntive e gratuite, necessaria al fine di poter ritenere integrata l'aggravante della crudeltà".
L'aggressione a Giulia Cecchettin è durata complessivamente circa 20 minuti, "lasso di tempo durante il quale ha avuto la possibilità di percepire l'imminente morte". Secondo i giudici, "manca tuttavia la prova che l'aver prolungato l'angoscia della vittima sia atto fine a se stesso, frutto della deliberata volontà dell'imputato di provocarle una sofferenza aggiuntiva e gratuita".