Gino Pollicardo e Filippo Calcagno hanno raccontato ai pm di esser stati lasciati da soli dai sequestratori: "I rapitori non erano dell'Isis"
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"Ci siamo liberati da soli". E' la versione raccontata ai pm da Gino Pollicardo e Filippo Calcagno, i due tecnici della Bonatti rapiti a luglio e rientrati in Italia domenica mattina all'alba. Stando al loro racconto, mercoledì i sequestratori hanno prelevato i loro colleghi Salvatore Failla e Fausto Piano, poi rimasti uccisi, lasciandoli soli. Così hanno sfondato la porta del luogo dove erano segregati e sono riusciti a fuggire.
"Non nelle mani dell'Isis" - I quattro tecnici, sempre stando al racconto dei due ex ostaggi, sarebbero stati tenuti prigionieri da un gruppo islamista non direttamente riconducibile all'Isis, quasi certamente una banda di criminali comuni. Secondo quanto ricostruito dai due con gli inquirenti nel corso dell'audizione, i quattro sono stati tenuti prigionieri sempre nella zona di Sabrata e sempre dalle stesse persone. Due i carcerieri che si alternavano. Del gruppo faceva parte anche una donna.
Insieme ai colleghi fino al 3 marzo - I quattro tecnici sono stati sempre insieme, fino a che tre giorni fa, il 3 marzo, i loro destini si sono divisi. Secondo quanto si apprende da fonti sicure, Gino Pollicardo e Filippo Calcagno durante l'audizione con gli inquirenti italiani hanno raccontato di come, nei sette mesi di prigionia, siano stati sempre insieme ai loro colleghi. Fino a giovedì.
Failla e Piano, secondo quanto riportato ancora dai due ex ostaggi, sarebbero morti durante un attacco ai carcerieri che li stavano spostando altrove, probabilmente perché il luogo dove era stati prigionieri non era più ritenuto sicuro. Durante il trasferimento, a bordo di un pick up con due uomini, una donna e un bambino, il gruppo sarebbe stato intercettato da un gruppo di miliziani. Ne sarebbe nata una sparatoria violenta nella quale sarebbero morti rapiti e almeno alcuni dei rapitori. Proprio lo stare tutti e quattro insieme, hanno raccontato Pollicardo e Calcagno, durante sette mesi durissimi, ha dato loro la forza di andare avanti.
"Picchiati e privati del cibo" - In più occasioni i quattro italiani rapiti a luglio in Libia sono stati picchiati e privati del cibo. Violenze fisiche e psicologiche continue alle quali hanno resistito anche perché, vivendo la prigionia in quattro, riuscivano insieme a farsi forza. Lo hanno raccontato Pollicardo e Calcagno.