© Tgcom24 | Pasqualino Porfidia, 8 anni, scomparso da Marcianise (Caserta) il 7 maggio nel 1990.
© Tgcom24 | Pasqualino Porfidia, 8 anni, scomparso da Marcianise (Caserta) il 7 maggio nel 1990.
Parla a Tgcom24 Andrea D'Amore, il poliziotto che svelò il vero volto di Bernardo Provenzano: "L'importante è creare empatia con le vittime"
di Tamara Ferrari© Tgcom24 | Pasqualino Porfidia, 8 anni, scomparso da Marcianise (Caserta) il 7 maggio nel 1990.
© Tgcom24 | Pasqualino Porfidia, 8 anni, scomparso da Marcianise (Caserta) il 7 maggio nel 1990.
Assassini, rapinatori, latitanti. Anche bambini scomparsi. Da venticinque anni il vice sovrintendente Andrea D’Amore, 51 anni, disegna gli identikit per la polizia scientifica. In Italia è uno dei massimi esperti del settore: la sua esperienza ha permesso, negli anni, di dare un volto a centinaia di delinquenti. E’ grazie a lui se, nel 2018, sono stati arrestati i sei membri della banda che portarono a segno il “colpo del secolo” al Palazzo Ducale di Venezia, dove furono rubati da una teca i gioielli del Maharaja. Ed è stato lui a invecchiare con la tecnica dell’age progression il volto del superboss allora latitante Bernardo Provenzano. L’identikit fece il giro del mondo e, quando il padrino di Cosa nostra fu catturato, tutti rimasero sorpresi dalla somiglianza. A Tgcom24 racconta come c'è riuscito.
Come fa a disegnare identikit così precisi?
“Nel caso di Bernardo Provenzano, con i miei colleghi siamo partiti da una foto segnaletica realizzata negli Anni Sessanta, quando il boss aveva 27 anni. Abbiamo tenuto conto dei cambiamenti che le strutture molli del viso subiscono nel corso del tempo e realizzato un paio di ipotesi su come il boss potesse essere invecchiato. Abbiamo sottoposto le immagini ad alcuni collaboratori di giustizia e perfezionato quella più somigliante sulla base delle loro indicazioni. L’ultimo invecchiamento fu fatto nove anni prima della cattura. Nel frattempo, Provenzano si era ammalato e assumeva farmaci. Quando è stato catturato, ho subito fatto un confronto: io stesso mi sono meravigliato di quanto l’identikit fosse somigliante”.
E nel caso del furto al Palazzo Ducale di Venezia?
“Il colpo fu messo a segno il 3 gennaio del 2018, l’ultimo giorno della mostra. Da una teca sparirono gioielli per un valore di oltre 30mila euro. Le telecamere di sicurezza ripresero tutto. Per mesi ho esaminato le immagini: mi concentravo sui volti dei ladri per realizzare almeno un identikit, ma non ci riuscivo. Fino a quando non ho scoperto che, prima di attraversare le varie zone riprese dalle telecamere, i ladri si fermavano e si scambiavano i travestimenti. Conoscevano alla perfezione dove era posizionata ogni telecamera e quali aree non venivano riprese tra una e l'altra. Partendo da questa intuizione abbiamo realizzato tre identikit, che poi hanno portato alla cattura dei sei membri della banda”.
Di solito, però, non avete foto a cui ispirarvi. L’identikit si fa partendo da zero, dai ricordi delle vittime. Come ci si riesce?
“Bisogna creare un clima di fiducia con la vittima, che magari è traumatizzata. Metterla a proprio agio in un ambiente rassicurante. Noi abbiamo sale ad hoc, abbastanza confortevoli per questo tipo di attività e dove non ci sono immagini da cui i ricordi della vittima possano essere contaminati. Infatti, è importante non mostrare foto segnaletiche che potrebbero influenzare chi deve fare la descrizione”.
C’è un momento ideale nel quale iniziare l’identikit?
“Non nell'immediatezza del fatto. Ma neanche troppo tardi. Dopo una settimana il ricordo potrebbe non essere più nitido. Non tutte le persone sono in grado di fare una descrizione accurata, bisogna capire se chi si ha davanti è in grado di descrivere ciò che ha visto. Di solito, chiediamo alla persona di rievocare l'evento a cui ha assistito in maniera libera, senza fare domande induttive che possano condizionare il ricordo. Pian piano ci focalizziamo sulla persona da descrivere. Ci facciamo dire in che condizioni ambientali si trovava, se c'era molta luce o poca, se ha visto il criminale in maniera ravvicinata o era distante, e da quale prospettiva. Tutte queste cose servono per capire l'attendibilità della descrizione. In fase di realizzazione dell’identikit, la persona non deve guardare: io sto alle sue spalle. Fino a quando non arriva il momento di farla girare, mostrarle il volto disegnato e chiederle ulteriori delucidazioni”.
Che cosa succede a quel punto?
“Una signora si è messa a piangere perché era così in preda al senso di colpa che aveva descritto se stessa. Di solito, se la descrizione è attendibile, l’immagine va poi lavorata apportando le modifiche del caso. Mi faccio indicare i punti da migliorare, anche partendo da esempi di persone note: gli occhi del colore di Brad Pitt, il naso come Piefrancesco Favino, e così via. Fino a quando il testimone non dice che la foto più o meno corrisponde”.
Come fa a essere sicuro che l’identikit somigli alla persona ricercata?
“La certezza al 100% non c’è mai. Cerco di tirare fuori una tipologia di individuo, fare un ritratto che sia più verosimilmente compatibile con l'autore del reato. Lo scopo degli identikit non è ritrarre alla perfezione la persona ricercata, ma escludere tutti gli altri. Faccio un esempio: se il volto che ne esce fuori è quello di un uomo bianco, biondo, senza baffi e con un certo taglio degli occhi, l’identikit serve a escludere tutti coloro che sono bruni, magari con i baffi e così via. Ciò non toglie che il disegno possa essere perfettamente somigliante, come spesso accade”.
Lei disegna con la matita, come nei film?
“Già quando ho iniziato, venticinque anni fa, esistevano le tavolette grafiche. Oggi sfruttiamo le nuove tecnologie, anche l’intelligenza artificiale che, però, in questo campo non può sostituirsi all’uomo. Per realizzare un identikit serve il contatto diretto tra investigatore e vittima, ci vuole empatia”.
Come ha iniziato?
“Ho frequentato il liceo artistico e l’Accademia di belle arti. Una volta entrato in polizia, ero incuriosito da questo tipo di attività. Ho chiesto io di specializzarmi in identikit”.
Il caso che l’ha coinvolta di più?
“I bambini scomparsi. Ogni volta che devo fare una age progression di uno di loro, non posso fare a meno di pensare ai loro genitori e a quanto stiano soffrendo”.
Quindi, è lei che ha “invecchiato” Angela Celentano e Denise Pipitone?
“In quei casi sono stati i carabinieri, noi abbiamo collaborato. Personalmente, mi sono occupato di bambini dei quali si parla di meno, ma non meno importanti. Come Pasqualino Porfidia (guarda l'age progression nella fotogallery), scomparso da Marcianise, in provincia di Caserta, il 7 maggio 1990. Aveva otto anni, aveva giocato a pallone con gli amici e stava tornando a casa. Nei giorni precedenti alla sua scomparsa, nella zona era stato visto un uomo che offriva soldi ai bambini”.
Un’ipotesi inquietante. Non si è saputo più nulla?
“No. Come nulla si sa di Sergio Isidori, un bambino di 5 anni scomparso da Villa Potenza, in provincia di Macerata, il 23 aprile del 1979 mentre nel paese si svolgevano i funerali del parroco. Un vero e proprio giallo, che spero un giorno possa essere risolto. Quando ho mostrato alla madre l’age progression, si è messa a piangere. L’identikit somigliava incredibilmente a suo fratello. Poi, anche Salvatore Colletta, sparito da Casteldaccia, in provincia di Palermo, il 31 marzo 1992, insieme a Mariano Farina. Avevano 15 e 12 anni. Invece di andare a scuola, andarono al mare. Anche di loro si è persa ogni traccia”.
Si è anche occupato di delitti irrisolti?
“C’è un cold case che vorrei venisse risolto: l’omicidio di Floride Cesaretti, 47 anni, sposata e madre di due figli. Lavorava come custode alla portineria del college universitario di Urbino. La notte del 27 novembre 1998 fu massacrata a colpi di badile mentre era in servizio. L'assassino portò via la sua borsetta, poi ritrovata poco distante. Alcuni testimoni videro davanti all'ingresso del college un giovane che parlava con lei. Ho realizzato l'identikit, trovarlo sarebbe importantissimo. Potrebbe fornire informazioni utili alla soluzione del caso. Se qualcuno lo riconosce, si faccia avanti".