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Il Giorno della Memoria, ecco perché non va dimenticato

Il 27 gennaio di ogni anno, in concomitanza con la liberazione del campo di concentramento di Auschwitz da parte delle truppe sovietiche nel 1945, si ricordano le vittime dell'Olocausto

27 Gen 2023 - 10:36
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Il 27 gennaio 1945 l’Armata Rossa sovietica ha liberato il campo di concentramento nazista di Auschwitz. Ricollegandosi a quella data, il 27 gennaio di ogni anno (a partire dal 2000 in Italia e dal 2005 a livello mondiale) si celebra il "Giorno della Memoria", per non dimenticare le vittime dell’Olocausto. Da categorie considerate razzialmente inferiori a quelle considerate asociali, il partito nazista attuò una brutale repressione con l’obiettivo di formare un mondo puro dominato dalla razza ariana.

L’inizio di una storia che tutti conosciamo e che non si deve dimenticare

 Adolf Hitler e il partito nazista salirono al potere in Germania nel 1933. Fu un movimento politico che si contraddistinse per il suo carattere fortemente aggressivo e antisemita, al cui vertice il denominato "Führer del terzo Reich" instaurò la sua dittatura totalitaria.

Antisemitismo e leggi discriminatorie

 Fin dagli inizi del suo comando e durante la Seconda Guerra Mondiale, Hitler pose al centro il mito della razza ariana. Nel libro "Mein Kampf" (1925) il Führer recitava che tutta la storia è solo espressione dell’eterna lotta tra le razze per la supremazia e che la guerra è l'espressione naturale e necessaria di questa lotta in cui il vincitore, cioè la razza più forte, ha il diritto di dominare. Secondo il Fuhrer l’unica etnia a cui spettava il diritto di dominare il mondo era la razza ariana e tutte le altre venivano considerate inferiori. Il nemico principale erano gli ebrei. Nell’attuazione di questa ideologia, fin dal 1933 vennero varate numerose disposizioni discriminatorie nei confronti degli ebrei, il cui culmine è rappresentato dalle leggi di Norimberga (1935), in cui si riservava la pienezza dei diritti ai cittadini di sangue tedesco o affine (Legge sulla cittadinanza) e il divieto di matrimoni tra ebrei e cittadini di sangue tedesco o affine (Legge per la protezione del sangue e dell’onore tedesco).

I campi di concentramento

 Con la Conferenza di Wannsee a Berlino del gennaio del 1942 i nazisti decisero di realizzare anche una serie di strutture dedicate alla detenzione e al confinamento di tutti coloro che il regime considerava nemici razziali, ideologici o politici del popolo tedesco: i cosiddetti campi di concentramento. Questi campi potevano essere di prigionia, di lavoro forzato o di sterminio vero e proprio attraverso il lavoro massacrante, le pessime condizioni di vita e le camere a gas. Questi campi non venivano utilizzati soltanto per il nemico principale, gli ebrei, ma fin dal 1933 furono imprigionati oppositori politici. L’obiettivo nazista era di uccidere i prigionieri in modo sistematico e massificato.

Le vittime della Shoah

 Dalla Germania nazista furono uccisi fino a 6 milioni di ebrei, fino a 250mila Rom e Sinti che erano visti come la “piaga degli zingari”, fino a 250mila tedeschi con disabilità fisiche e mentali. Tra le centinaia di vittime imprigionate e uccise nei campi di concentramento rientrano anche avversari politici, reali o presunti, Testimoni di Geova, uomini accusati di aver compiuto atti omosessuali, e persone considerate “asociali”, come i portatori di handicap. Morirono di fame, malattia, lavori forzati, maltrattamenti, o pura e semplice esecuzione.

I testimoni di Geova

 I Testimoni di Geova furono tra i primi a essere mandati nei campi di concentramento. Dei circa 35.000 Testimoni presenti nell’Europa occupata dai nazisti, più di un terzo subì una persecuzione diretta. La maggior parte fu arrestata e imprigionata. Centinaia dei loro figli furono affidati a famiglie naziste o mandati nei riformatori. Circa 4.200 Testimoni finirono nei campi di concentramento nazisti. Si stima che morirono 1.600 Testimoni, di cui 370 per esecuzione. Essi furono puniti con la morte perché, per motivi religiosi si rifiutavano di dire "Heil Hitler", di sostenere organizzazioni ed eventi politici e di svolgere il servizio militare.

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