Tra coloro che rischiano di finire alla sbarra nell'inchiesta sul disastro ambientale a Taranto la famiglia Riva e il governatore della Puglia
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La Procura della Repubblica di Taranto ha chiesto all'ufficio del gip il rinvio a giudizio per 50 persone e tre società nell'inchiesta sul disastro ambientale che sarebbe stato causato dall'Ilva. Tra coloro che rischiano di finire alla sbarra c'è, oltre alla famiglia Riva, anche il governatore della Puglia, Nichi Vendola, accusato di concussione aggravata.
I principali indagati per i quali la Procura di Taranto ha chiesto il rinvio a giudizio sono Emilio, Fabio e Nicola Riva e il leader di Sel. La richiesta riguarda anche vertici vecchi e nuovi dell'Ilva prima del commissariamento, l'assessore regionale Lorenzo Nicastro, il deputato ed ex assessore della Puglia Nicola Fratoianni, consiglieri regionali, l'ex presidente della Provincia di Taranto Giovanni Florido, il sindaco del capoluogo ionico, Ippazio Stefàno, dirigenti e funzionari ministeriali e della Regione Puglia, un poliziotto, un carabiniere, un sacerdote, nonché uno stuolo di dirigenti ed ex dirigenti del siderurgico tarantino.
A 11 indagati vengono contestati il reato di associazione per delinquere finalizzata al disastro ambientale e contro la pubblica amministrazione, nonché l'avvelenamento di acque e sostanze alimentari. Tra le imputazioni, anche quella di omicidio colposo per due 'morti bianche' avvenute nello stabilimento tarantino.
Vendola: "Per decenni troppi hanno taciuto" - Il presidente della Regione Puglia intanto ha diffuso un comunicato riguardo la richiesta di un rinvio a giudizio nei suoi confronti: "Per decenni a Taranto nessuno ha visto niente e troppi hanno taciuto. Io no. Per decenni gli inquinatori hanno comprato il silenzio e il consenso politico, sociale e dei media. Con regali, finanziamenti, forniture, subappalti e favori. Io no. I miei collaboratori no. Infatti non siamo accusati di corruzione. Siamo accusati di essere stati compiacenti, a titolo gratuito, nei confronti del grande siderurgico". "Accusati in un processo in cui tutti i dati del disastro ambientale sono il frutto del nostro lavoro e della ostinata volontà della mia Amministrazione di radiografare e documentare l'inquinamento industriale nel capoluogo ionico. Noi, insieme alle agenzie della Regione Puglia, abbiamo fornito le prove che hanno scoperchiato la realtà. Noi per la prima volta nelle istituzioni abbiamo aperto i dossier su diossina e altri veleni e lo abbiamo fatto anche sulla spinta di un movimento nato dalla ribellione al destino di morte della città. Noi abbiamo cercato le evidenze scientifiche sul male sputato dall'Ilva, e abbiamo varato leggi e regolamenti che sono oggi all'avanguardia della legislazione ambientale", ha commentato Vendola.
"Se difendere i lavoratori è reato, sono colpevole" - Il leader di Sel poi prosegue: "Certo, contemporaneamente abbiamo difeso la fabbrica e i lavoratori. Se questo è un reato sono colpevole". "Ma abbiamo agito nel rispetto di quei principi costituzionali che ci prescrivono di contemperare beni e diritti fondamentali per i cittadini, come salute e lavoro. Questo è il preciso dovere di chi governa, anche affrontandone le responsabilità e le conseguenze più dolorose", ha quindi concluso il governatore pugliese.