con le loro famiglie

In Italia i primi collaboratori afghani: hanno aiutato i militari italiani e ora rischiano ritorsioni da parte dei Talebani

"L'Italia non dimentica chi in questi anni ha collaborato con i nostri militari", ha commentato Guerini

14 Giu 2021 - 20:30
1 di 10
© Ansa
© Ansa
© Ansa

© Ansa

© Ansa

All'aeroporto di Fiumicino è arrivato il primo aereo con a bordo 82 tra collaboratori civili afghani che hanno collaborato con le forze armate italiane e relative famiglie. Con la chiusura della missione in Afghanistan Resolute Support, infatti, non sono solo i militari italiani a rientrare da Herat. Ma anche interpreti, autisti, baristi afghani che hanno lavorato col contingente nazionale e le loro famiglie. Tutti i collaboratori saranno accolti in Italia per evitare la vendetta dei Talebani quando le truppe della Nato avranno completato il ritiro. "L'Italia non li dimentica", ha detto il ministro della Difesa Lorenzo Guerini

L'11 settembre era la data simbolica scelta dal presidente Usa Joe Biden per la fine dell'impegno americano nel Paese che era diventato la culla di Al Qaeda. Ma ultimamente c'è stata un'accelerazione del piano ed il rientro (ai tempi americani si stanno adeguando anche le altre Nazioni impegnate in Resolute Support) potrebbe concludersi entro la metà di luglio.

Camp Arena, la base italiana ad Herat, dove martedì scorso Guerini è volato per il saluto al contingente e l'ammaina-bandiera, è già semivuota. In queste settimane a Kabul e in altre città del Paese si sono susseguite manifestazioni dei collaboratori afghani che hanno chiesto di essere trasferiti fuori dall'Afghanistan. Questo personale, infatti, negli ultimi anni è stato vittima di attacchi mirati da parte dei Talebani. In tanti sono stati torturati ed uccisi e senza la protezione delle forze Nato, la vita di chi ha collaborato con quelli che vengono considerati "gli invasori stranieri" sarebbe fortemente a rischio.

Un portavoce dei Talebani pochi giorni fa ha dichiarato che queste persone non avranno nulla da temere, purché mostrino "rimorso". Chi può scappa, dunque. E la Difesa ha lanciato un'apposita operazione: "Aquila". Pianificata e diretta dal Comando Operativo di Vertice Interforze, ha lo scopo di trasferire in Italia circa 270 unità tra collaboratori e relativi familiari per i quali si ha evidenza del rapporto lavorativo in essere o a suo tempo prestato a favore del contingente italiano. Inoltre, per circa 400 afghani è in corso l'accertamento per l'effettivo rapporto di collaborazione prestato al contingente italiano.

Gli afghani verranno progressivamente trasferiti in Italia dove, dopo il previsto periodo di quarantena, saranno presi in carico dal ministero dell'Interno per il successivo inserimento nella rete di accoglienza e integrazione. Due degli afghani che hanno lavorato con il contingente italiano ad Herat arrivati lunedì a Fiumicino, l'interprete Nader ed il barista Hamid, si sono detti pronti ad iniziare una nuova avventura, non nascondendo la commozione per dove abbandonare la propria Patria. "Speriamo di dare all'Italia quello che l'Italia ha dato a noi", hanno detto.

"L'Italia non dimentica chi in questi anni in Afghanistan ha collaborato con i nostri militari - ha commentato Guerini - Quello degli interpreti afghani è un tema che ci è stato sempre particolarmente a cuore - ha sottolineato il ministro Guerini - e l'Italia procederà gradualmente al trasporto umanitario del personale civile afghano che ha supportato nel tempo il contingente italiano anche nel periodo antecedente all'operazione Resolute Support. Ringrazio il ministero degli Esteri e quello dell'Interno per il lavoro congiunto che sulla questione stiamo facendo assieme".

Commenti (0)

Disclaimer
Inizia la discussione
0/300 caratteri