Gli ex titolari della Salute risultano già indagati a Bergamo per omissione in atti d'ufficio, perché "responsabili dell'omessa istituzione e rinnovo del Comitato Nazionale per la pandemia"
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Una parte degli atti della maxi indagine della Procura di Bergamo sul Covid è stata trasmessa alla Procura di Roma per competenza territoriale. Secondo l'agenzia Ansa, gli atti riguardano il mancato aggiornamento del piano pandemico e vedono indagati a Bergamo gli ex ministri della Sanità Roberto Speranza, Beatrice Lorenzin, Giulia Grillo e una serie di tecnici del Ministero. I Pm romani ora vaglieranno le posizioni e decideranno se procedere a una nuova iscrizione anche a Piazzale Clodio.
La posizione dell'ex ministro Speranza è stata trasmessa al Tribunale dei ministri di Brescia. I tre ex ministri relativamente al mancato aggiornamento del piano pandemico sono indagati a Bergamo per omissione d'atti. Speranza sempre a Bergamo risponde anche della mancata attuazione del piano pandemico e per questo la posizione di Lorenzin e Grillo appare più attenuata. Nel fascicolo viene indicato come responsabile di false comunicazioni all'Oms anche l'ex numero due dell'Organizzazione mondiale della Sanità, Ranieri Guerra. Posizione diversa inviata a Roma per il presidente dell'Istituto superiore della Sanità, Silvio Brusaferro, indicato come responsabile di truffa per il conseguimento di erogazioni pubbliche.
"In caso di pandemia sul territorio nazionale, i provvedimenti che dovranno assumere le strutture del Servizio Sanitario Nazionale sono descritti dal Piano nazionale di preparazione e risposta a una pandemia influenzale". Ossia in quel piano che, secondo l'accusa dei pm di Bergamo e la consulenza di Andrea Crisanti, non fu invece applicato. Questo passaggio era contenuto in documento intitolato "Indicazioni operative. Emergenza nazionale, epidemia in Cina, Virus nCov-2019" che, il 28 gennaio 2020, Agostino Miozzo, componente del Comitato tecnico scientifico, allegò ad una mail inviata a Giuseppe Ruocco, all'epoca segretario generale del Ministero della Salute. Un documento che è agli atti dell'inchiesta sulla gestione della pandemia. Miozzo, a verbale davanti ai pm, ha spiegato che sarebbe stato Federico Federighi, in quel periodo "dirigente del
servizio risorse sanitarie del Dipartimento della Protezione civile", a "redigere" quel testo.
Il dirigente della Protezione civile ha riferito, a sua volta, che venne "redatto a fine gennaio". E ai pm che gli hanno chiesto cosa avesse risposto il Ministero a proposito dell'indicazione sull'applicazione del piano pandemico, Federighi ha risposto: "Non so se il Ministero abbia mai dato risposto (...) non so dire chi abbia scritto questa parte, non sono stato io". Tra l'altro, sempre gli inquirenti di Bergamo hanno recuperato anche il resoconto di una task force ministeriale del 29 gennaio 2020, nella quale il direttore scientifico dello Spallanzani, Giuseppe Ippolito (indagato), avrebbe consigliato "di riferirsi alle metodologie del piano pandemico di cui è dotata l'Italia". Quel piano datato 2006 e mai aggiornato che, però, secondo Crisanti, poteva essere utile. Dopo quel consiglio di Ippolito, però, ha messo a verbale Miozzo, "non ricordo che qualcuno prese posizione, l'affermazione non ha avuto seguito".
L'11 febbraio 2020, una decina di giorni prima del primo caso Covid accertato a Codogno, l'allora viceministro alla Salute Pierpaolo Sileri chiese di "effettuare una ricognizione sui reparti di malattie infettive esistenti, sul numero dei posti letto dedicati 24ore su 24, sul numero dei respiratori e di personale disponibile". Emerge dal "resoconto" della "task force" del Ministero, agli atti dell'inchiesta dei pm di Bergamo. Giuseppe Ruocco, all'epoca segretario generale del Ministero e tra i 19 indagati, come riportato nelle carte, avrebbe risposto che era "sufficiente" una "mappatura rispetto ad uno scenario di bassa gravità".
"La bussola l'abbiamo sempre avuta e ci portava a difendere innanzitutto la salute delle persone (...) ciò che ci mancava era il manuale di istruzione su come fronteggiare un virus sconosciuto". Lo aveva detto l'ex ministro della Salute Roberto Speranza, ai pm di Bergamo in un'altra audizione nel gennaio 2021, sul capitolo della mancata attuazione del piano pandemico. "Il piano era datato e non costruito specificamente su un coronavirus ma su un virus influenzale", ha spiegato Speranza, chiarendo che l'attuazione del piano "è compito del direttore generale" della Prevenzione del Ministero (Claudio D'Amario, pure lui indagato). Nel verbale del 28 gennaio di due anni fa i pm di Bergamo insistono con una serie di domande sulla non applicazione del piano, datato 2006 e mai aggiornato, per contrastare il Covid. Nel settembre 2019, racconta Speranza, D'Amario l'avrebbe informato sulla creazione di "un gruppo di lavoro" per l'aggiornamento "del piano pandemico influenzale". E aggiunge: "Sapevo che c'era la necessità di adeguare il piano pandemico". E ha riferito che sollecitò "affinché il gruppo di lavoro procedesse con maggior sollecitudine". Poi, "quando ho intuito - ha messo a verbale - che la pandemia era una cosa seria, ho costituito una task force". La "valutazione di fondo è stata che il coronavirus non era un'influenza" e che quindi "non fosse sufficiente un approccio di tipo statico, cioè esclusivamente fondato su un documento".
L'ex ministro Lorenzin era stata ascoltata il 3 marzo 2021 dai pm di Bergamo e disse che quando scoppiò l'epidemia da Covid-19 "credevo che già ci fosse il nuovo piano pandemico", anche perché nel 2017 Ranieri Guerra, all'epoca dg Prevenzione al Ministero della Salute, "mi aveva informato che avrebbe predisposto un nuovo piano pandemico". Lo aveva messo a verbale l'ex ministro Beatrice Lorenzin, in carica dal 2013 al 2018, sentita come teste dalla Procura di Bergamo. Lorenzin ha raccontato che non fu "notiziata", quando divenne ministro, dagli uffici ministeriali sulla necessità di aggiornare il piano pandemico, datato 2006. Glielo disse Ranieri Guerra, "solo alla fine del 2017", spiegandole che "stavano procedendo all'aggiornamento del piano".