Archiviata l'accusa nei confronti di chef Rubio. Il gip: "Accusare la senatrice a vita di nazismo è uno sfregio alla memoria, il web non può essere una zona franca"
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Devono proseguire le indagini sugli insulti social nei confronti di Liliana Segre (domenica al centro di nuovi attacchi). Lo ha deciso il gip di Milano Alberto Carboni, che ha ordinato alla Procura di identificare con nuovi accertamenti 86 account, accogliendo in sostanza l'istanza ad andare avanti con il procedimento avanzata dalla senatrice a vita, tramite l'avvocato Vincenzo Saponara. Lo stesso giudice ha ordinato l'iscrizione di nove persone che non erano state indagate e l'imputazione coatta per altre sette. La Procura aveva chiesto l'archiviazione per 17 posizioni mentre è stata archiviata la posizione di chef Rubio. L'accusa per tutti è di diffamazione, con l'aggravante dell'odio razziale.
Per il gip Alberto Carboni accusare "di nazismo una reduce dai campi di sterminio integra di per sé" la diffamazione ed è "uno sfregio alla verità oggettiva" e "la più infamante delle offese per la reputazione di chi ha speso la propria vita per testimoniare gli orrori del regime e per coltivare la memoria dell'olocausto". E' quanto ha scritto il magistrato nell'ordinanza con cui ha ordinato di andare avanti con le indagini. Il "web", scrive il gip, non può essere una zona franca.
L'ordinanza del gip riguarda il procedimento con al centro "246 messaggi apparsi su internet che sono stati portati all'attenzione" dei pm "con 27 querele presentate dalla senatrice Liliana Segre dal 6.12.2022 al 10.7.2024". Numerosi post "accostano in vario modo la senatrice Segre al nazismo". Ma nella richiesta di archiviazione, riassume il gip, "si sostiene che è frequente nel dibattito politico l'utilizzo, per contrastare e stigmatizzare l'avversario politico, del termine 'nazista', ovviamente in un senso differente rispetto a quello proprio e storico". Tesi del pm non condivisa dal gip. Accusare di nazismo una sopravvissuta alla Shoah è diffamazione "sia nei casi in cui tale epiteto viene esternato in modo apodittico e non argomentato, sia quando esso si accompagna a riferimenti che richiamano con spregevole ironia la vita nei lager". Espressioni simili, spiega il gip, "non possono essere considerate forme di manifestazione di un pensiero critico che, per quanto discutibile, sarebbe comunque legittimo nel dibattito democratico". Il "tragico vissuto personale della senatrice Segre", si legge, "e l'incidenza che l'ideologia nazista ha avuto nella sua esistenza sono circostanze che erano ben conosciute agli autori dei post, i quali hanno accostato il termine nazista alla sua immagine proprio in ragione della speciale carica offensiva che ne sarebbe derivata". Basti notare che "nella maggior parte dei casi l'accusa di nazismo è stata veicolata mediante il richiamo a immagini o figure, come quella del kapò, che rievocano in maniera inqualificabile il passato della senatrice Segre al fine di strumentalizzarlo con chiari intenti denigratori". Anche tutti gli insulti "gratuiti" in decine di post vanno considerati diffamatori per la "estrema diffusività dello strumento informatico" che "genera spirali di odio e violenza che sono alimentate proprio dalla inescusabile leggerezza con cui gli utenti si lasciano andare a commenti" di quel genere. E su questo non può esserci "una sorta di assuefazione", il web non può essere "un terreno franco dove ogni insulto è consentito e dove la reputazione degli individui può essere calpestata impunemente". Lo "schermo di un computer non è una barriera che assicura l'anonimato" e "la tastiera non è un'arma contro la quale non ci sono difese". Va "ribadito", conclude il gip, "che lo Stato è presente e che è pronto ad andare fino in fondo per tutelare i diritti di chi invoca il suo intervento".
"Le frasi riportate, per quanto aspre, rappresentano una manifestazione argomentata del pensiero dell'autore in ordine a un tema politicamente sensibile. I termini usati sono continenti e non si risolvono in espressioni offensive". Lo ha scritto il gip di Milano Alberto Carboni nella parte del suo provvedimento con cui ha archiviato l'accusa di diffamazione aggravata dall'odio razziale per Chef Rubio per alcuni suoi post. La posizione di Gabriele Rubini, anche noto personaggio tv, è una delle dieci archiviate dal giudice.
Nei vari post sul tema della causa palestinese Rubini scriveva, tra le altre cose, "condanni il sionismo" e frasi con una "forma di aspra critica su temi politicamente sensibili". E usava pure espressioni di "pessimo gusto", che comunque non assumono "valenza diffamatoria". Nell'ordinanza di 75 pagine il giudice ha riportato una maxi tabella con tutti i 246 messaggi riportati nelle querele della senatrice a vita. Tabella in cui vengono elencati uno a uno il "nickname" dell'account, la eventuale "individuazione" dell'autore, il "contenuto della querela" e poi la "decisione" del gip su ogni singolo messaggio postato.