Il rapporto indica che le unioni tra partner dello stesso sesso (soprattutto tra uomini) sono aumentate del 7,3% rispetto al 2023
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Nei primi otto mesi del 2024 c'è stata una diminuzione dei matrimoni rispetto allo stesso periodo del 2023, con un calo del 6,7%. Lo afferma l'Istat sottolineando che si tratta di un dato che conferma la diminuzione già registrata nel 2023, quando si sono celebrati in Italia 184.207 matrimoni, il 2,6% in meno rispetto al 2022. I matrimoni religiosi presentano un calo consistente rispetto all'anno precedente (-8,2%), accentuando una tendenza alla diminuzione già in atto da tempo. Sono in aumento, invece, le unioni gay: +7,3% rispetto all'anno precedente. Di queste, il 56,1% riguarda unioni tra uomini.
Il 35,5% delle unioni civili si registra nel Nord-Ovest, seguito dal Centro (24,3%). A livello regionale, in testa si posiziona la Lombardia con il 23,5%; seguono il Lazio (13,3%) e l'Emilia-Romagna (10,4%). A livello nazionale nel 2023 si sono avute 5,1 nuove unioni civili ogni 100mila residenti, mentre nel Mezzogiorno l'indicatore è all'incirca la metà. La Lombardia e l'Emilia-Romagna si collocano al primo posto a pari merito tra le Regioni (7,1 per 100mila) seguite dal Lazio (7,0) e dal Piemonte (6,9).
Emerge il ruolo attrattivo dei grandi Comuni: più di un quarto delle unioni civili si sono costituite nel complesso delle 12 grandi città. In testa si trova Roma (con l'8,4%), seguito da quello di Milano (6,8%). Le unioni civili con almeno un partner straniero raggiungono quota 17%. Nel Centro si attestano al 18,1%, nel Nord al 17,4% mentre nel Sud sono il 14,4%. Al pari dei matrimoni, anche le unioni civili si caratterizzano per la presenza di partner con cittadinanza italiana per acquisizione.
Tra le unioni miste tra partner italiano e straniero, il 14,8% coinvolge un partner italiano per acquisizione. Nel 2018 questa quota era circa un terzo. Tra le unioni di partner entrambi italiani, quelli in cui almeno uno dei due è italiano per acquisizione sono il 4,5%. Quota quasi triplicata rispetto al 2018. Considerando il complesso delle unioni civili con almeno uno straniero o un italiano per acquisizione (escludendo dall'analisi le coppie di entrambi italiani dalla nascita), il 17,9% è costituito da coppie con entrambi italiani di cui almeno uno per acquisizione e il 10,9% da coppie miste con italiani per acquisizione.
Nel 2000 si osservò un aumento dei matrimoni da collegare al desiderio di celebrare le nozze all'inizio del nuovo millennio. All'opposto, nel triennio 2009-2011, il calo fu particolarmente accentuato per il crollo delle nozze dei cittadini stranieri, scoraggiati dalle modifiche legislative volte a limitare i matrimoni di comodo. Non va inoltre dimenticata la crisi economica del 2008 il cui impatto produsse effetti sui comportamenti nuziali delle coppie. Infine nel 2020 si è assistito a un dimezzamento del numero dei matrimoni per effetto della pandemia da Covid (e delle sue misure di contenimento) che ha visto molte coppie posticipare le nozze, in parte poi celebrate nel successivo biennio 2021-2022. Nel 2023 i 139.887 primi matrimoni mostrano, se confrontati con l'anno precedente, una diminuzione del 4,3%, più consistente rispetto a quella del totale dei matrimoni (-2,6%). Sempre nel 2023 la quota dei primi matrimoni rispetto al totale delle celebrazioni è stata pari al 75,9%, evidenziando un netto calo anche rispetto al 79,4% del 2019 (anno in cui il numero di matrimoni totali era stato simile a quello del 2023).
La diminuzione tendenziale dei primi matrimoni, al netto delle oscillazioni di breve periodo, è strettamente connessa alla progressiva diffusione delle libere unioni (convivenze more uxorio). Queste ultime sono più che triplicate tra il biennio 2000-2001 e il biennio 2022-2023 (da circa 440mila a più di un milione e 600mila), un incremento da attribuire soprattutto alle libere unioni di celibi e nubili. Sul piano tendenziale, uno dei motivi per il quale la primo-nuzialità in Italia arretra si deve alla trasformazione del processo di transizione alla vita adulta. Quest'ultima oggi segue percorsi diversi rispetto al passato, quando il motivo prevalente di uscita dal nucleo di origine era legato alla formazione di una nuova famiglia attraverso le nozze.
Secondo i dati dell'Indagine Famiglie e soggetti sociali (2016), tra le generazioni di uomini nate tra il 1982 e il 1986 la convivenza more uxorio è preferita al matrimonio (22,5% contro 21,8% di chi lascia la casa dei genitori entro i trent'anni). Seguono le altre motivazioni quali, per esempio, lavoro, studio e autonomia. Tra le donne, l'uscita dalla famiglia di origine si concretizza in via preponderante tramite il matrimonio (40% tra le nate negli anni Ottanta), seguita dalla convivenza, con percentuali via via crescenti di generazione in generazione.