I numeri dell'Antiterrorismo della Polizia di Stato contenuti nel rapporto della commissione di studio sul fenomeno di radicalizzazione ed estremismo
Quarantadue le pagine del rapporto della commissione di studio sul fenomeno di radicalizzazione e dell'estremismo jihadista nelle mani del presidente del Consiglio Paolo Gentiloni. Una fotografia nitida del fenomeno foreign fighter in Italia: 110 i combattenti partiti dal Belpaese per unirsi all'Isis sul fronte siriano e iracheno e di ritorno, pronti a continuare la loro missione "a casa", perché alcuni hanno cittadinanza italiana. Tra loro, stando ai numeri riportati da Il Messaggero, sono sei quelli attenzionati sul territorio nazionale. E si contano anche donne e minori. E il campanello d'allarme suona soprattutto in carcere: sono 153 i detenuti ritenuti pericolosi.
I combattenti di ritorno Sono 110 i jihadisti partiti dall'Italia per combattere in Siria e Iraq. Una quisquilia se si confronta il numero con il resto d'Europa: in Francia si contano almeno 1.500 foreign fighter; in Germania mille; 500 in Belgio. Ma tornando agli italiani: 32 combattenti sarebbero deceduti in guerra tra Siria e Iraq; 17 avrebbero già fatto rientro, ma sarebbero sei quelli nel mirino dell'Antiterrorismo.
Le donne in prima linea Dieci sono le donne andate a combattere la guerra santa: 8 hanno la cittadinanza italiana. Tra i miliziani ci sarebbero anche 5 minorenni.
Rischio radicalizzazione in carcere "Da gennaio ad agosto 2016 - si legge nel rapporto - sono stati segnalati dai carabinieri del Ros oltre 2.000 potenziali terroristi. Nel 2015 erano 1.400". Come ha riferito anche il premier Gentiloni "carceri e web" sono le principali scuole per la chiamata allo jihadismo. Stando al censimento del Dipartimento Amministrazione Penitenziaria, Dap, i detenuti attualmente sotto osservazione per legami fattuali ed ideologici con il terrorismo sono 345; tra questi 153 sono classificati come ad alto rischio radicalizzazione: 18 sono italiani convertiti e 35 i condannati per terrorismo.
Il proselitismo attraverso la Rete Anche il Web è fucina di potenziali jihadisti. Secondo il rapporto sulla radicalizzazione, i principali propagandisti online sono italiani convertiti all'Islam, tra i 18 e i 24 anni, a cui si aggiungono soggetti nati e/o cresciuti in Italia.