L'ex ministro Claudio Scajola arrestato per la latitanza di Amedeo Matacena
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Il provvedimento è stato disposto dalla Direzione investigativa antimafia di Reggio Calabria, che ha eseguito anche altri 6 provvedimenti nei confronti di persone sospettate di aver favorito la latitanza dell'ex parlamentare Amedeo Matacena
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La Dia di Reggio Calabria ha arrestato l'ex ministro Claudio Scajola in un noto albergo della Capitale. La Dia ha eseguito anche altri 6 provvedimenti restrittivi nei confronti di persone sospettate di aver favorito la latitanza del noto imprenditore reggino ed ex parlamentare di Forza Italia Amedeo Matacena, arrestato il 28 agosto 2013 a Dubai dove era fuggito dopo una condanna per concorso esterno in associazione mafiosa, ma liberato pochi giorni dopo.
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Tra i destinatari dei provvedimenti figurano anche lo stesso Matacena, sua moglie, Chiara Rizzo, e la madre, Raffaella De Carolis. Arrestati anche Martino Politi, Antonio Chillemi e la segretaria di Scajola, Roberta Sacco: per tutti l'accusa è quella di aver "agevolato Matacena ad occultare la reale titolarità e disponibilità dei suoi beni, nonché di averne favorito la latitanza all'estero".
La Dia ha eseguito numerose perquisizioni in Piemonte, Lombardia, Liguria, Emilia Romagna, Lazio, Calabria e Sicilia, oltre a sequestri di società commerciali italiane, collegate a società estere, per un valore di circa 50 milioni di euro.
Scajola "sconvolto" - L'ex ministro, portato negli uffici del Centro operativo della Dia di Roma, è apparso "sconcertato e sconvolto" agli uomini che l'hanno arrestato. Scajola ha detto di non aspettarsi il provvedimento e ha chiesto di conoscerne le motivazioni.
Destinazione Libano - Scajola, secondo gli inquirenti (che sono arrivati a lui indagando su tutt'altro, nel corso dell'inchiesta 'Breakfast' sul reinvestimento di capitali illeciti da parte della 'ndrangheta, che nel 2012 ha portato a iscrivere sul registro degli indagati anche l'ex tesoriere della Lega Nord, Francesco Belsito), stava cercando di fare uscire Amedeo Matacena da Dubai, dove si trova ancora, per farlo arrivare in Libano, dove sarebbe stato al sicuro dall'arresto per l'esecuzione pena per la condanna a 5 anni subita per concorso esterno in associazione mafiosa.
Dopo essere fuggito dall'Italia, Matacena si era rifugiato negli Emirati Arabi Uniti, dove era stato arrestato dalla polizia locale su segnalazione delle autorità italiane. Pochi giorni dopo, però, era tornato in libertà in quanto non era stata completata la procedura di estradizione in Italia: la giustizia degli Emirati arabi, dove non esiste il reato di criminalità organizzata (e non esistono nemmeno accordi bilaterali con l'Italia), prevede infatti che i cittadini stranieri in attesa di estradizione non possano essere privati della libertà oltre un certo limite di tempo.
Matacena, che per la giustizia italiana è rimasto latitante, non poteva però lasciare il Paese arabo in quanto privato del passaporto. E' proprio in questa fase, secondo l'accusa, che sarebbe intervenuto Scajola: l'ex ministro avrebbe cercato di aiutare Matacena a trasferirsi in Libano. Gli altri arrestati, invece, stavano cercando di sistemare alcuni factotum di Matacena al vertice di diverse società.
Scajola è stato ministro dell'Interno dal 2001 al 2002, incarico che ha lasciato in seguito alle polemiche sulle sue dichiarazioni su Marco Biagi. E' stato quindi nominato ministro per l'Attuazione del programma e successivamente alle Attività produttive fino al 2006. A gennaio era stato assolto per la vicenda della casa al Colosseo.
Berlusconi: "Addolorato" - Scajola aveva chiesto una candiatura alle elezioni Europee, ma era stato escluso dalle liste di Forza Italia dopo un lungo braccio di ferro con il consigliere politico di Berlusconi Giovanni Toti che non riteneva opportuna la stessa candidatura. A sua volta Berlusconi si è detto "addolorato" per l'arresto di Scajola, ed ha ulteriormente precisato che l'ex ministro non è stato candidato alle Europee non perché si avesse sentore di un arresto bensì perché "avevamo commissionato un sondaggio su di lui che ci diceva che avremmo perso globalmente voti se lo avessimo candidato".