L'attaccante nigeriana naturalizzata britannica, pronta a volare all'estero, accusa: "La città è molto indietro nell'accettare le diversità". Il sindaco: "Ci sono stati episodi discriminanti ma non ci rassegniamo"
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"A volte Torino sembra un paio di decenni indietro nei confronti dei differenti tipi di persona. Sono stanca di entrare nei negozi e avere la sensazione che il titolare si aspetti che ruba". La calciatrice Eni Aluko ormai ha deciso: lascia la Juventus, lascia Torino, lascia l'Italia. Per quella orrenda sensazione che talvolta (o spesso, o quasi sempre) si è sentita addosso. Razzismo: è questa la parola giusta. Tornerà in Inghilterra, ma prima di trasferirsi ha rilasciato una (pesantissima) intervista al The Guardian. Poi la precisazione: "Ho parlato di esperienze positive e negative anche in Inghilterra".
L'attaccante nigeriana e naturalizzata britannica (che ha anche affermato che spesso, atterrata all'aeroporto di Torino, i cani antidroga l'hanno "fiutata come fossi Pablo Escobar") ha voluto precisare di non avere avuto "alcuna esperienza di razzismo dai tifosi della Juventus né nel campionato di calcio femminile", ma ha voluto evidenziare che "il tema in Italia e nel calcio italiano c'è ed è la risposta a questo che veramente mi preoccupa, dai presidenti ai tifosi del calcio maschile che lo vedono come parte della cultura del tifo".
La giocatrice ha invitato la società, per continuare ad attrarre i talenti dell'Europa dall'Italia, a "farli sentire a casa". Questa, ha concluso, "è una parte importante di un progetto a lungo termine". Lei, comunque, non tornerà indietro. La decisione è stata presa. Sabato, contro la Fiorentina, Eni Aluko giocherà la sua ultima partita con la maglia della Juventus Womens. L'ultima partita a Torino. L'ultima partita in Italia.
Appendino: "Parole che pesano come un macigno" - Le affermazioni di Eniola Aluko, ex giocatrice della Juventus Women che ha accusato Torino di essere una città razzista "pesano come un macigno". Lo dice il sindaco Chiara Appendino, ricordando che quella di Torino è "storia di porte aperte". "Purtroppo nel Paese sono tornati episodi discriminatori - ammette - ma ad essere tornata indietro non è la città, solo alcune persone che non rappresentano che loro stesse. Torino non si rassegna".