A guidare la "protesta delle padelle" più famose d'Italia, ci sono volti noti (in cucina e al pubblico) come Antonino Cannavacciuolo, Davide Oldani, Max Mascia e Ciccio Sultano
Crema di limone, zenzero, fragole e gelato al basilico © ufficio-stampa
"Noi rispetteremo le regole, naturalmente, ma così diventa davvero difficile per tutti: farci chiudere alle 18 è inammissibile", Non usano mezzi termini gli chef stellati, uniti in una protesta comune contro il dpcm appena firmato da Giuseppe Conte. Da Massimo Bottura ad Antonino Cannavacciuolo, da Max Mascia a Davide Oldani, da Andrea Berton a Ciccio Sultano e Cristina Bowerman, i titolari di alcuni dei più prestigiosi tempi della cucina Italia, incrociano le padelle.
I motivi della protesta - La protesta parte dalle cucine e si scaglia contro le nuove misure adottate dal governo, che impongono le chiusure dei locali alle 18. "Ci penalizzano per negligenze altrui - rincara la dose un altro big dei fornelli come Massimo Bottura, titolare dell'Osteria Francescana di Modena. "I ristoratori che hanno rispettato le regole avrebbero il diritto di lavorare" - gli fa eco Max Mascia, chef del ristorante San Domenico di Imola e presidente della Nazionale Italiana Chef. "Non contesterei mai alcuna normativa che sia a tutela della salute pubblica ma quello che contesto è l’incapacità del nostro governo di prevedere una seconda ondata" - spiega Cristina Bowerman, responsabile dell'Hostaria di Roma.
La protesta che "unisce" l'Italia - Una protesta che non conosce latitudini. "Sono senza parole – scrive su Instagram Ciccio Sultano, del ristorante Duomo di Ragusa- se dobbiamo chiudere alle 18 tanto vale aprire solo per il pranzo o non aprire proprio". "Noi abbiamo rispettato le regole e le misure di distanziamento – spiega Mascia - ma per i ristoranti la cena è fondamentale, si vive con le cene, quindi se ci dicono di chiudere alle 18 e come imporci di chiudere e basta". Stessa alzata di scudi al Nord, a cominciare da un altro "monumento" della cucina italiana, Antonino Cannavacciuolo del Villa Crespi, di Orta San Giulio (Novara): "Abbiamo fatto tutto per riaprire in sicurezza – ha detto in un’intervista esclusiva a Cook, il mensile di cucina del Corriere della Sera, l'Antonino nazionale – e ora rischiamo di dover chiudere un’altra volta. Per l’impegno che ci abbiamo messo non ce lo meritiamo". Non la pensa diversamente Davide Oldani: "La salute pubblica, quella dei clienti e dei nostri collaboratori ha la priorità - sottolinea ancora a Cook lo chef del D'O di Cornaredo (Milano) - noi seguiamo le regole ma questo è un colpo pesante per noi ristoratori".
La protesta e l'appello - Una protesta al pepe verde che sfocia in un appello di tanti ristoratori d'Italia: non si può chiudere e basta -dicono dalle cucine - se non ci permettono di lavorare, ci devono aiutare. Un appello ribadito anche da Max Mascia, nell'intervista al Corriere: "Ci sono tanti ristoratori che hanno investito, anche tanto, e che rischiano di fallire. Soprattutto tanti giovani che hanno iniziato da poco e che rischiano di non farcela. Insomma, per molti locali, le misure restrittive di questo nuovo dpcm, potrebbero rappresentare un macigno insormontabile, forse una vera pietra tombale.