Silvia De Giorgi, 44enne padovana, arriva all'organo giurisdizionale europeo dei diritti dell'uomo dopo 7 denunce contro l'ex marito: "Sentenza storica che segna la strada per aiutare altre donne"
Dopo 7 denunce presentate tra il 2015 e il 2019 contro l'ex marito violento e rimaste inascoltate, Silvia De Giorgi, 44enne padovana madre di tre figli, si è rivolta alla Corte europea dei diritti dell'uomo, con sede a Strasburgo. "Sono sempre stata sola: abbandonata dalla magistratura e dalle forze dell'ordine", racconta a La Stampa, all'uscita della sentenza della Cedu, che farà storia. L'Italia, infatti, è stata condannata a risarcirla di 10mila euro per danni morali per avere subito un "trattamento inumano e degradante". "Una sentenza storica che può segnare la strada per aiutare altre donne", commenta. Per la Corte di Strasburgo, infatti, le autorità italiane non hanno fatto il necessario per proteggere l'ennesima donna vittima di violenze domestiche nonostante le ripetute denunce.
La vicenda - Questo, dunque, l'epilogo della storia giudiziaria di Silvia De Giorgi scritto dai giudici europei. Il 20 novembre del 2015 l'ex marito aggredisce la donna prendendola per il collo, la minaccia di morte e la colpisce con un casco per moto causandole ferite guaribili in 8 giorni. Lei va dai carabinieri e sporge denuncia.
Non è la prima volta e non sarà l'ultima, perché il suo ex continua a minacciarla e seguirla, s'introduce in casa per rubarle vestiti e altri oggetti e installare apparecchi per spiarla, è aggressivo con i tre figli e non paga gli alimenti. Ma quando la donna nel marzo del 2016 si rivolge al tribunale civile di Padova per chiedere di essere protetta, con tanto di rapporto dei carabinieri, la risposta è "no".
Secondo il tribunale i comportamenti dell'uomo, da cui è separata dal 2013, "non appaiono essere molestie, ma sono piuttosto l'espressione di un livello elevato di conflitto, tipico di certe separazioni, che è stato superato esclusivamente il 20 novembre del 2015".
La storica sentenza di Strasburgo - Diametralmente opposta la valutazione della Corte europea dei diritti umani, che ha giudicato talmente gravi i comportamenti dell'ex marito di Silvia da condannare l'Italia per trattamenti inumani e degradanti, dovuti in particolare all'inazione della magistratura.
Silvia, che vive a Cervarese Santa Croce, un comune in provincia di Padova, si era rivolta alla Corte di Strasburgo nell'aprile del 2019 affermando che le autorità, per inerzia e indifferenza, non hanno protetto lei e i figli dalla violenza dell'ex marito né impedito che continuasse. E nel ricorso aveva evidenziato anche che la prima udienza per i fatti del 20 novembre 2015 si era tenuta il 13 aprile del 2021 e che il reato cadrà in prescrizione l'anno prossimo.
Dal canto suo il governo si è difeso affermando che le autorità "non sapevano e non potevano sapere che Silvia e i suoi figli erano in pericolo", e che la donna, nonostante le sette denunce presentate, "non ha mai dimostrato di essere vittima di abusi e violenza domestica o che viveva temendo di essere aggredita".
Ma la Corte di Strasburgo ha stabilito che i procuratori non hanno mai valutato i rischi che correvano la donna e i figli, e "con la loro inazione hanno creato un contesto d'impunità" per l'ex marito. Inoltre, ha giudicato grave il fatto che non sia mai stata aperta un'inchiesta sui maltrattamenti che il padre avrebbe inflitto ai figli.
"Siamo pienamente soddisfatti con la sentenza", ha commentato l'avvocato Marcello Stellin, mentre Cecilia D'Elia, deputata del Pd e portavoce nazionale della Conferenza delle donne democratiche ha sottolineato che questa condanna deve "essere uno stimolo per cambiare". La Corte ha anche stabilito che la vittima ha diritto a un risarcimento di 10mila euro per danni morali.