l'opinione

La vita tra scienza ed etica

28 Nov 2018 - 16:34

    © ansa

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"La notizia giunta dalla Cina in questi giorni che rende noto il primo esperimento di modificazione genetica sull’uomo – nello specifico la nascita di due gemelline a cui è stato modificato il DNA per renderle più protette dal rischio di contrarre la malattia dell’HIV da cui è affetto il padre – non apre un dibattito per i soli addetti ai lavori, sia nel campo strettamente medico-scientifico quanto in quello bioetico, poiché reca con sé impliciti e riverberi che riguardano la vita umana nella sua dimensione più lata, configurando scenari imprevedibili e densi di non pochi, inquietanti interrogativi.

A cominciare dal più intuitivamente immediato ed evidente: fino a che punto la ricerca scientifica può spingersi fino ad alterare, modificare, programmare e correggere la vita di ogni singolo individuo – ma anche e non per un fattore meramente sommativo e quantitativo ma ontologico e qualitativo l’umanità intera – penetrando nei meandri della natura intesa come contesto da cui la vita origina in modo spontaneo e non eterodiretto? Può l’uomo in nome di un progresso inarrestabile e di una scienza aperta al cambiamento e superamento di situazioni di partenza o in itinere lungo il ciclo biologico dell’esistenza umana, intervenire per impostare una programmazione predeterminata della vita in funzione di un obiettivo anche migliorativo rispetto a deficit di tipo genetico, immaginando di poter correggere la spontaneità della condizione nativa per avvicinarla a standard perfettibili, che superino l’handicap, la malattia, il dolore, persino i limiti della durata della vita stessa?

Non sfugge certo il senso e la portata di una tale possibilità: per secoli e millenni la vita è stata un evento strettamente legato alla natura, in modo a volte spontaneo, imprevedibile, con tutto il fascino che questo vincolo comporta. Eppure tutti gli esseri viventi si sono modificati in modo lento ma impressionante dalla comparsa della prima forma cellulare di vita sulla Terra, ciò significa che c’è stato un adattamento tra essere vivente e contesto che le teorie evoluzioniste hanno assai ben spiegato. Ma senza addentrarsi in argomentazioni che risultano di complessa lettura e spiegazione persino per gli addetti ai lavori anche la persona più semplice e sprovveduta resta colpita e interdetta di fronte alla possibilità che ciò che è il risultato di una mutazione spontanea possa essere predeterminato o stabilito in un laboratorio scientifico, poiché riguarda la condizione di “normalità” alla quale siamo stati ad un tempo asserviti e obbligati e le ipotesi di generare esseri viventi programmati nella loro identità: dal colore degli occhi, alle potenzialità intellettive, al comportamento sociale, alle attitudini, persino ai sentimenti.

Arriveremo ad una situazione in cui l’uomo sarà padrone della vita di altri uomini generati in un contesto clinico-scientifico? Avremo un’umanità pretederminata intervenendo sulle modiche del DNA di ciascuno, saremo pacifici o belligeranti, inclini al bene o tendenzialmente criminali, geneticamente orientati o asessuati, manipolando il genoma umano? Occorre un codice etico universalmente condiviso per evitare pericoli di alterazione e contaminazione della natura umana, è necessario averlo presto perché la scienza è neutra ma non sempre correttamente orientata. Manca al nostro tempo un’idea, un concetto, un pensiero condiviso rispetto al significato di “normalità” che altro non è che l’equilibrio che consente alla vita di fare il suo corso senza confliggere con la natura, la vera mater magistra della storia dell’umanità."

Francesco Provinciali 

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