Nella sua seconda pubblicazione, Papa Francesco ha dato voce a una visione rivoluzionaria dell’ambiente, fondendo giustizia sociale, spiritualità e responsabilità collettiva
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"Un' Enciclica sull'ecologia integrale in cui la preoccupazione per la natura, l'equità verso i poveri, l'impegno nella società, ma anche la gioia e la pace interiore risultano inseparabili". Con queste parole la Radio Vaticana sintetizzava l'uscita dell'enciclica "Laudato sì" di Papa Francesco pubblicata il 18 giugno 2015, la prima di un pontefice romano integralmente dedicata alla "cura della casa comune". Un documento che ormai è divenuto un faro per tutto il mondo ambientalista e un punto di riferimento anche fuori dal mondo cattolico per quanti si battono per la salvaguardia del bene più prezioso del pianeta terra, la sua integrità e biodiversità.
Jorge Mario Bergoglio, scegliendo anche il nome di Francesco, ispirato alla figura del poverello di Assisi aveva dato fin da subito una indicazione delle sue priorità e questa è restata tale fino alla fine.
Suddivisa in sei capitoli, l'Enciclica raccoglie, in un`ottica di collegialità, diverse riflessioni delle Conferenze episcopali del mondo. Il Papa nel documento, mette in guardia dalle gravi conseguenze dell'inquinamento e da quella "cultura dello scarto" che sembra trasformare la terra, "nostra casa, in un immenso deposito di immondizia". Dinamiche che si possono contrastare adottando modelli produttivi diversi, basati sul riutilizzo, il riciclo, l'uso limitato di risorse non rinnovabili. Anche i cambiamenti climatici sono "un problema globale", spiega l'Enciclica, così come l`accesso all'acqua potabile, che va tutelato in quanto "diritto umano essenziale, fondamentale ed universale", "radicato nell'inalienabile dignità" dell'uomo.
Centrale, inoltre, la tutela della biodiversità perché ogni anno, a causa nostra, "scompaiono migliaia di specie vegetali e animali che i nostri figli non potranno vedere". E "non ne abbiamo il diritto", sottolinea Francesco, evidenziando poi l`esistenza di un "debito ecologico", soprattutto tra il Nord e il Sud del mondo, connesso a squilibri commerciali. "Il debito estero dei Paesi poveri - infatti - si è trasformato in uno strumento di controllo, ma non accade la stessa cosa con il debito ecologico".
La sua voce in difesa di una "ecologia integrale" è risuonata per tutti gli anni del suo pontificato senza stancarsi mai attirandosi all'inizio plausi e, insieme, diffidenza quando non ostilità ed, infine, una sorta di indifferenza per la mancanza di una seria volontà politiche - come si dice in questi casi - di voler affrontare seriamente la questione.
In occasione delle ultime Giornate mondiali dell'ambiente, ricevendo in Vaticano i promotori del "Green and Blue Festival", il Papa aveva avuto modo di tornare a esprimere le sue preoccupazioni.
Il Papa citando il rapporto dell'IPCC sul clima, aveva detto in quella occasione che "le scelte e le azioni messe in atto in questo decennio avranno impatti per migliaia di anni", in particolare per quanto riguarda gli effetti sul clima del pianeta. "Il fenomeno del cambiamento climatico ci richiama insistentemente alle nostre responsabilità: esso investe in particolare i più poveri e più fragili, coloro che meno hanno contribuito alla sua evoluzione. È dapprima una questione di giustizia e poi di solidarietà", rilanciando l`approccio di "integralità" alla salvaguardia del Creato. Come mostrato dalla pandemia di Covid-19, ha concluso Francesco, "il nostro mondo è ormai troppo interdipendente e non può permettersi di essere suddiviso in blocchi di Paesi che promuovano i propri interessi in maniera isolata o insostenibile".