Dopo la perizia che ha riaperto il caso sulla 18enne di Arce ritrovata morta in un boschetto, Maria Tuzi rivela al Messaggero: "Minacciarono ritorsioni contro la nostra famiglia se avesse parlato"
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"Mio padre è stato ricattato, qualcuno gli ha prospettato ritorsioni contro figli e nipoti. Per questo, per anni, ha taciuto sulla morte di Serena". Dopo la perizia che ha riaperto il caso dell'omicidio di Serena Mollicone, a Il Messaggero rompe il silenzio Maria Tuzi, figlia del brigadiere dei carabinieri morto suicida nel 2008, pochi giorni dopo aver rivelato ai pm di aver visto Serena entrare nella caserma di Arce (Frosinone) il primo giugno 2001.
La perizia ha messo in luce che le lesioni al capo di Serena "sono compatibili" con l'urto su una porta sequestrata in un alloggio della caserma dei carabinieri di Arce. E' inoltre emerso che la 18enne, scomparsa il primo giugno 2001 e ritrovata morta due giorni dopo in un boschetto, potrebbe aver ricevuto un colpo alla testa e poi sarebbe stata soffocata, probabilmente con un sacchetto intorno alla testa.
"Quanto emerso dalla consulenza conferma a pieno la tesi sostenuta da anni da Guglielmo Mollicone: che Serena quel giorno si sarebbe recata in caserma - prosegue Maria Tuzi -. Per quanto concerne mio padre, credo che il suo silenzio, durato sette anni, sia stato il frutto di un senso di protezione nei confronti della famiglia. Qualcuno lo ha ricattato, non ho le prove ma è quello che abbiamo portato all'attenzione della Procura che ha riaperto le indagini sulla sua morte".
Le indagini sulla morte di Santino Tuzi sono ancora in corso ma, secondo la figlia Maria, il suicidio è da collegarsi alla vicenda Mollicone: "Qualcuno lo ha istigato e gli ha complicato la vita fino al punto di indurlo alla morte. Personalmente leggo il suicidio di mio padre come l'estremo gesto di protezione nei confronti della famiglia. Pochi giorni dopo aver parlato con il pm, avrebbe dovuto confrontarsi nuovamente con la Procura - conclude -. Non sappiamo cosa è successo ma la sua morte ha evitato ritorsioni".