Coronavirus, a Fiumicino inaugurato il più grande drive-in d'Italia per eseguire i tamponi
© Ansa | Roma, il drive-in più grande d'Italia per eseguire i tamponi
© Ansa | Roma, il drive-in più grande d'Italia per eseguire i tamponi
Dalle indagini sarebbe emerso che l'uomo, dipendente di una Rsa, avrebbe usato lo stesso stick per eseguire il tampone nasofaringeo su più pazienti
Emergono nuovi dettagli sul caso dell'infermiera di Civitavecchia e del suo compagno che, secondo gli inquirenti, eseguivano tamponi per il coronavirus, rubati in ospedale, a domicilio e dando poi agli ignari pazienti sempre risultato negativo. Tra le persone che si sono sottoposte al test e che, come tutti gli altri, avevano ricevuto un falso referto, ce n'è una che è poi invece risultata positiva al Covid-19.
Come sottolinea Il Messaggero, il rischio è che questa persona, prima di sottoporsi a un secondo tampone e convinta quindi di non aver contratto la malattia, possa aver invece contagiato parenti, amici e conoscenti. E' importante per gli investigatori capire, quindi, quante persone si siano rivolte all'infermiera, che si dice estranea ai fatti, e al compagno per sottoporsi al test che veniva offerto a un prezzo inferiore a quello di mercato.
Dalle indagini sarebbe emerso, inoltre, che l'uomo, dipendente di una Rsa, avrebbe usato lo stesso stick per eseguire il tampone su più pazienti. Se accertato, il fatto sarebbe molto grave perché vorrebbe dire trasmettere il contagio da una persona all'altra. Il materiale per eseguire il test nasofaringeo sarebbe, invece, stato rubato dalla donna nell'ospedale San Paolo di Civitavecchia.
© Ansa | Roma, il drive-in più grande d'Italia per eseguire i tamponi
© Ansa | Roma, il drive-in più grande d'Italia per eseguire i tamponi