L'untore, un uomo all'epoca di 31 anni, voleva rapporti non protetti. Un giorno confessò di essere sieropositivo. Per Manuela fu l'inizio di un incubo
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"Sono sieropositivo". Con queste due parole dette da Valentino T. inizia l'incubo di Manuela, nome di fantasia per una delle vittime infettate dal romano accusato di aver contagiato almeno 31 donne. Manuela capisce che deve fare i test per l'Hiv, visto che lui pretendeva rapporti senza protezione. L'esito le fa capire che da quel giorno dovrà convivere con un virus terribile e con i pregiudizi della gente.
Manuela e Valentino si erano conosciuti in chat e, complice un grave lutto in famiglia, racconta la donna a Il Corriere della Sera, in quel periodo lei si sente più vulnerabile. I due si frequentano e hanno, per volontà dell'uomo, rapporti non protetti. Un giorno Manuela scopre, grazie a un pc lasciato momentaneamente incustodito, che ha altre donne. Valentino minimizza e le fa credere che le altre storie non siano importanti. Fino a quando è lo stesso 31enne, in un impeto di sincerità, ad ammettere di essere sieropositivo.
L'uomo è ora a processo per epidemia. A Manuela, per cui inizia una nuova vita scandita da esami e analisi periodiche, tocca anche l'ingrato compito di rivelare la verità a un'altra donna: quest'ultima si era presentata a casa sua chiedendo se conoscesse Valentino, non immaginando che fosse un untore.